« Introduzione alla politica svizzera » : différence entre les versions
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== Il federalismo == | == Il federalismo == | ||
Il federalismo ha diverse forme di influenza sulle elezioni. | |||
Il sistema federale svizzero dà origine a una legislatura bicamerale, composta da due camere distinte: | |||
* | * Il Consiglio nazionale (Nationalrat/Conseil national): è la camera bassa del Parlamento svizzero. Viene spesso definita "camera del popolo" perché i suoi membri sono eletti direttamente dal popolo svizzero. La rappresentanza nel Consiglio nazionale è proporzionale alla popolazione di ciascun Cantone. Nel 2021, il Consiglio nazionale sarà composto da 200 membri. | ||
* | * Il Consiglio degli Stati (Ständerat/Conseil des États): questa camera alta viene talvolta definita "camera dei cantoni". Ogni Cantone svizzero, indipendentemente dalle sue dimensioni o dalla sua popolazione, è rappresentato da due consiglieri di Stato (ad eccezione dei semicantoni, che hanno un solo rappresentante). Nel 2021, il Consiglio degli Stati avrà 46 membri. | ||
Queste due camere formano l'Assemblea federale svizzera (Bundesversammlung/Assemblea federale). Entrambe sono coinvolte nel processo legislativo e devono concordare una versione identica di qualsiasi legge prima di poterla approvare. Questo sistema bicamerale è concepito per garantire un'equa rappresentanza sia della popolazione svizzera (attraverso il Consiglio nazionale) sia dei Cantoni svizzeri (attraverso il Consiglio degli Stati). Si tratta di una caratteristica fondamentale del sistema federale svizzero, che mira a bilanciare gli interessi delle varie parti della confederazione. | |||
Il sistema bicamerale svizzero è considerato un esempio di bicameralismo "perfetto" o "simmetrico", in quanto le due camere del Parlamento - il Consiglio nazionale (camera bassa) e il Consiglio degli Stati (camera alta) - hanno lo stesso potere di legiferare e devono concordare lo stesso testo prima che una legge possa essere approvata. Questo sistema si contrappone al bicameralismo "imperfetto" o "asimmetrico", in cui una camera ha più potere o influenza dell'altra. Nel Regno Unito, ad esempio, la Camera dei Comuni ha molto più potere della Camera dei Lord. In Svizzera, se il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati non riescono a trovare un accordo sul testo di un progetto di legge, viene istituita una procedura di conciliazione. Viene quindi costituito un comitato di conciliazione, composto da membri di entrambe le Camere, per cercare di risolvere le divergenze. Se il comitato raggiunge un accordo, il testo di compromesso deve essere approvato da entrambe le Camere prima di diventare legge. Questo sistema garantisce che gli interessi di tutti i Cantoni e della popolazione svizzera nel suo complesso siano presi in considerazione nel processo legislativo, rafforzando così il principio federalista della Svizzera. | |||
In Svizzera, il Consiglio nazionale (camera del popolo) e il Consiglio degli Stati (camera dei cantoni) hanno pari poteri nel processo legislativo. Tutti i progetti di legge, gli emendamenti costituzionali e i decreti federali devono essere approvati da entrambe le camere. Ciò significa che nessuna legge può essere approvata se entrambe le camere non sono d'accordo sullo stesso testo. Se non riescono ad accordarsi, viene istituito un comitato di conciliazione composto da membri di entrambe le camere per cercare di trovare un compromesso. Questo sistema di bicameralismo perfetto rafforza il principio federalista della Svizzera, garantendo che gli interessi di tutti i Cantoni e della popolazione nel suo complesso siano presi in considerazione nel processo legislativo. | |||
Il Consiglio nazionale è la camera bassa del Parlamento svizzero ed è considerato la "camera del popolo" perché i suoi membri sono eletti direttamente dal popolo. Il Consiglio nazionale dispone di 200 seggi, distribuiti tra i Cantoni svizzeri in base alla loro popolazione. Maggiore è la popolazione di un cantone, maggiore è il numero dei seggi. Ad esempio, il Cantone di Zurigo, che è il più popoloso della Svizzera, ha il maggior numero di seggi, attualmente 35. Il Cantone di Ginevra, che è anche il più popoloso della Svizzera, ha il maggior numero di seggi. Il Cantone di Ginevra, anch'esso molto popoloso, ha 11 seggi. I cantoni meno popolosi, come Neuchâtel, hanno meno seggi. I cantoni più piccoli hanno un solo seggio. Questo sistema garantisce una rappresentanza proporzionale della popolazione svizzera nel Consiglio nazionale e permette a tutte le regioni del Paese di avere voce in capitolo nel processo legislativo. | |||
Il Consiglio degli Stati è la camera alta del Parlamento svizzero e viene talvolta definito "camera dei cantoni". Il Consiglio degli Stati dispone di 46 seggi: ogni Cantone ha due rappresentanti e ogni semicantone ha un rappresentante. Ciò significa che ogni cantone, indipendentemente dalla sua popolazione, è rappresentato in egual misura nel Consiglio degli Stati. Questa distribuzione dei seggi garantisce che gli interessi di tutti i cantoni, grandi e piccoli, siano presi in considerazione nel processo legislativo. Tuttavia, questo sistema può portare a una sovrarappresentazione dei piccoli cantoni. Ad esempio, il Cantone di Zurigo, il più popoloso della Svizzera, ha solo due seggi al Consiglio degli Stati, mentre il Cantone di Appenzello Interno, uno dei cantoni più piccoli della Svizzera, ha anch'esso due seggi. Ciò significa che ogni rappresentante dell'Appenzello Interno rappresenta un numero di persone molto inferiore rispetto a quello di Zurigo. Questa sovrarappresentazione può avere implicazioni politiche, in quanto può dare ai cantoni più piccoli più potere nel processo legislativo. | |||
Il sistema federale svizzero come lo conosciamo oggi è stato istituito dalla Costituzione federale del 1848. Prima di questa data, la Svizzera era una confederazione di cantoni indipendenti. Quando fu redatta la Costituzione federale, si dovette trovare un equilibrio tra gli interessi dei vari cantoni. Per bilanciare gli interessi dei cantoni più grandi e popolosi con quelli dei cantoni più piccoli, si decise che ogni cantone avrebbe avuto la stessa rappresentanza nella Camera alta del Parlamento, il Consiglio degli Stati, indipendentemente dalle sue dimensioni o dalla sua popolazione. In questo modo si intendeva proteggere gli interessi dei cantoni più piccoli, che in un sistema puramente proporzionale avrebbero potuto essere messi in ombra dai cantoni più grandi. Allo stesso tempo, la Camera bassa del Parlamento, il Consiglio nazionale, sarebbe stata basata sulla rappresentanza proporzionale, dando ai cantoni più popolosi una maggiore influenza. Questa struttura bicamerale mira a garantire che tutte le regioni della Svizzera abbiano voce nel processo legislativo e riflette il rispetto del Paese per il federalismo e la diversità regionale. | |||
Il federalismo svizzero svolge un ruolo fondamentale nel sistema bicamerale del Paese. Questo sistema consente alle diverse regioni e cantoni della Svizzera di avere pari voce in capitolo negli affari nazionali, nel rispetto della loro autonomia e diversità. Il "bicameralismo perfetto" della Svizzera, in cui entrambe le camere hanno pari prerogative, è piuttosto unico. In molti altri Paesi con sistema bicamerale, la Camera alta e quella bassa non hanno lo stesso potere. Negli Stati Uniti, ad esempio, alcune questioni, come l'impeachment del Presidente, possono essere trattate solo dalla Camera dei Rappresentanti, mentre altre, come la ratifica dei trattati, possono essere trattate solo dal Senato. In Svizzera, invece, sia il Consiglio nazionale che il Consiglio degli Stati devono approvare gli emendamenti costituzionali, le leggi federali e i decreti federali, assicurando così che gli interessi dei vari Cantoni siano adeguatamente presi in considerazione. Ciò riflette l'impegno della Svizzera nei confronti del federalismo e la volontà di mantenere un equilibrio tra gli interessi dei diversi Cantoni. | |||
La | La struttura politica svizzera è profondamente influenzata dal suo sistema di federalismo, che si riflette anche nell'organizzazione dei partiti politici. I partiti politici in Svizzera hanno spesso profonde radici cantonali e regionali, il che significa che la loro identità e la loro piattaforma politica possono variare notevolmente da cantone a cantone. Ad esempio, il Partito liberale radicale (FDP), il Partito cristiano democratico (CVP), il Partito popolare svizzero (SVP) e il Partito socialista svizzero (SPS) hanno tutti sedi cantonali con proprie strutture organizzative e programmi politici. Questi partiti possono avere posizioni e priorità politiche diverse nei vari cantoni, a seconda delle esigenze e delle preferenze specifiche della popolazione locale. Ciò può portare a una sostanziale diversità politica, non solo tra i diversi cantoni, ma anche all'interno degli stessi partiti politici. Inoltre, incoraggia la partecipazione politica locale e consente di adattare meglio le politiche alle esigenze specifiche delle diverse regioni della Svizzera. Questo illustra un altro modo in cui il federalismo influenza la politica svizzera, consentendo una diversità politica e una flessibilità che sarebbero meno possibili in un sistema più centralizzato. | ||
La | La diversità politica tra i diversi Cantoni svizzeri ha un impatto significativo sul panorama politico nazionale. Ogni cantone ha una propria dinamica politica, che riflette le caratteristiche socio-economiche e culturali uniche della regione, nonché preferenze politiche distinte. Gli stessi partiti politici sono spesso organizzati su base cantonale, con una varietà di partiti rappresentati in ogni cantone. Questa diversità si traduce in un panorama politico nazionale frammentato, in quanto non esistono due cantoni con la stessa distribuzione delle forze politiche. Ciò significa che il panorama politico svizzero è caratterizzato da un'ampia varietà di partiti, che riflettono una vasta gamma di interessi e punti di vista. Ciò può rendere più complessa la formazione di governi di coalizione, in quanto può essere necessario negoziare tra un gran numero di partiti con interessi divergenti. Allo stesso tempo, però, significa che il sistema politico svizzero è in grado di rappresentare un'ampia varietà di interessi e punti di vista, il che può favorire l'inclusione politica e la legittimità democratica. Questa è una caratteristica fondamentale della natura consensuale della politica svizzera, dove le decisioni sono spesso prese attraverso un compromesso tra un'ampia gamma di partiti politici. | ||
Il sistema politico svizzero, con il suo forte decentramento e federalismo, consente a una moltitudine di partiti locali di far sentire la propria voce a livello nazionale. I partiti che riescono a mobilitare un sostegno significativo in uno specifico Cantone possono ottenere una rappresentanza nel Consiglio nazionale, anche se non sono attivi o non hanno molto sostegno nel resto del Paese. Questa caratteristica del sistema politico svizzero aumenta la diversità delle voci e degli interessi rappresentati a livello nazionale. Consentendo ai partiti locali di essere presenti sulla scena politica nazionale, il sistema svizzero assicura una rappresentanza più completa e diversificata dei cittadini svizzeri. Ciò contribuisce alla capacità del sistema politico svizzero di riflettere e tenere conto di una varietà di opinioni e interessi. Tuttavia, può anche portare alla frammentazione del panorama politico, rendendo più difficile la formazione di maggioranze stabili. I partiti devono spesso formare coalizioni per governare, il che richiede compromessi e negoziati tra partiti con punti di vista talvolta molto diversi. Tuttavia, ciò è insito nella natura della democrazia diretta e del federalismo svizzero, che valorizzano la rappresentanza e l'espressione di punti di vista diversi. | |||
La | La struttura federale della Svizzera consente ai partiti locali forti di ottenere una rappresentanza a livello nazionale, anche se hanno una presenza significativa solo in un cantone. Ciò riflette l'impegno del sistema politico svizzero a garantire una rappresentanza diversificata e a tenere conto delle diverse voci locali a livello nazionale. Un esempio è il Mouvement Citoyens Genevois (MCG). Il MCG è un partito politico ginevrino fondato nel 2005. Sebbene sia attivo principalmente a Ginevra, l'MCG è riuscito a ottenere un seggio nel Consiglio nazionale, che gli consente di rappresentare gli interessi di Ginevra a livello nazionale. La Lega dei Ticinesi, attiva solo nel Canton Ticino, è un altro esempio di partito locale che è riuscito ad affermarsi a livello nazionale. Fondata nel 1991, la Lega dei Ticinesi è riuscita a conquistare seggi anche nel Parlamento federale, permettendo al Ticino di essere rappresentato a Berna. Un terzo esempio è l'Unione Democratica Federale (UDF), un partito politico svizzero conservatore con una presenza significativa solo in alcuni cantoni di lingua tedesca. Fondata nel 1975, l'UDF è rappresentata anche nel Parlamento federale di Berna, sottolineando ancora una volta la diversità delle voci rappresentate a livello nazionale. Infine, anche il Parti Évangélique (PEV), un partito politico svizzero di ispirazione cristiana, ha dei seggi a Berna. Sebbene sia attivo principalmente nei cantoni di lingua tedesca, il PEV è rappresentato a livello nazionale, a testimonianza della volontà del sistema politico svizzero di dare voce a una varietà di opinioni e valori. Questi partiti dimostrano come il sistema politico svizzero valorizzi gli interessi locali e regionali e ne garantisca la rappresentanza a livello nazionale. La capacità di questi partiti di ottenere una rappresentanza nazionale dipende, tuttavia, dalla loro capacità di mobilitare un sostegno significativo nei rispettivi Cantoni. | ||
In Svizzera, la struttura federale del Paese ha svolto un ruolo significativo nello sviluppo del panorama politico. Storicamente, i partiti politici nazionali sono nati dall'unificazione di vari partiti cantonali, che hanno poi esteso la loro influenza in tutto il Paese. Ancora oggi, alcuni di questi partiti nazionali sono largamente influenzati dalle loro sezioni cantonali, riflettendo la diversità e la complessità del panorama politico svizzero. Tuttavia, la natura federale della politica svizzera ha una conseguenza importante: può indebolire la coerenza interna dei partiti politici. La diversità di interessi e preoccupazioni politiche tra i cantoni può rendere difficile per un partito adottare una linea uniforme su una serie di questioni. Ogni sezione cantonale può avere le proprie priorità, che riflettono le specificità della regione che rappresenta. Questo può portare a differenze di opinione e di politica all'interno dello stesso partito, rendendo più difficile il mantenimento della coesione interna. Di conseguenza, i partiti politici svizzeri possono talvolta apparire meno uniti e meno organizzati rispetto ai loro omologhi dei Paesi con una struttura politica più centralizzata. Questo ha l'effetto di ridurre la coerenza interna dei partiti politici. | |||
La | La diversità dei contesti politici regionali in Svizzera ha un impatto significativo sulla natura e sul posizionamento dei partiti politici nel Paese. Un esempio lampante è il Partito Democratico Cristiano (CVP). In Vallese, il CVP è un partito maggioritario, persino egemone, che tende ad allinearsi a posizioni di destra. È un partito trasversale che domina ampiamente la scena politica regionale. A Ginevra, invece, il PDC è un partito minoritario, con solo il 12-13% dell'elettorato. È più centrista e si posiziona più vicino al Partito socialista vallesano che al PDC vallesano. Quindi, pur trattandosi dello stesso partito, il contesto politico e storico specifico di ogni cantone influenza fortemente la sua posizione e il suo ruolo nel panorama politico. Questa eterogeneità si riflette poi a livello nazionale, dove esiste un'ampia varietà di partiti e posizioni politiche. Questa diversità è una caratteristica fondamentale del sistema politico svizzero, che è fortemente influenzato dalla sua struttura federale e dalla diversità dei contesti regionali nel Paese. | ||
In Svizzera, la divisione delle circoscrizioni elettorali segue la struttura federale del Paese, il che significa che ogni Cantone rappresenta una circoscrizione elettorale. Le elezioni si svolgono quindi a livello cantonale, con regole e sistemi elettorali propri, e i risultati di queste elezioni cantonali contribuiscono a delineare il panorama politico a livello nazionale. Questa struttura riflette l'importanza del federalismo in Svizzera, dove ogni Cantone ha una grande autonomia e svolge un ruolo importante nella politica nazionale. In Svizzera, le elezioni federali sono decise non solo da questioni politiche nazionali, ma anche da questioni specifiche di ciascun Cantone. Ciò è dovuto alla natura federale della Svizzera, dove ogni cantone ha un certo grado di autonomia e può avere preoccupazioni diverse dagli altri cantoni. In un'elezione, quindi, un partito politico non deve solo presentare posizioni su questioni nazionali, ma anche tenere conto dei problemi specifici di ogni cantone in cui si presenta. Ciò può portare a una situazione in cui le campagne elettorali possono differire da cantone a cantone, anche per lo stesso partito. Questo approccio elettorale riflette la natura complessa e diversificata della Svizzera, dove le preoccupazioni locali hanno un impatto significativo sulla politica nazionale. Di conseguenza, le elezioni in Svizzera sono spesso una combinazione di questioni nazionali e locali. | |||
Il sistema federale svizzero concede ai Cantoni una grande autonomia, il che significa che anche le elezioni federali sono fortemente influenzate dalle questioni locali. Questo sistema politico consente una grande diversità di opinioni e posizioni politiche, che si riflette nella composizione del Parlamento federale. Ogni cantone ha le sue peculiarità e i suoi problemi, e queste questioni locali possono avere un impatto significativo sull'esito delle elezioni federali. Come lei ha detto, questo significa che le elezioni federali in Svizzera possono essere viste come una serie di elezioni cantonali simultanee. Questo può essere diverso da quello che vediamo in altri Paesi, dove le elezioni nazionali si concentrano maggiormente su questioni nazionali o federali. In Svizzera, la politica locale ha un'influenza diretta sulla politica nazionale, dando voce ai cittadini su questioni specifiche della loro regione. Ciò rende la Svizzera un interessante caso di studio per gli scienziati politici e i ricercatori interessati all'impatto del federalismo sulla politica. | |||
La divisione federalista dei distretti elettorali in Svizzera significa che, per guadagnare terreno a livello nazionale, un partito politico deve essere in grado di fare progressi in diversi cantoni contemporaneamente. Questa configurazione incoraggia i partiti a sviluppare strategie che tengano conto della diversità di interessi e preoccupazioni nei diversi cantoni. Pertanto, un partito che ottiene guadagni significativi in alcuni cantoni ma non in altri potrebbe non vedere un aumento significativo della propria rappresentanza a livello federale. Le perdite o la stagnazione in alcuni cantoni possono compensare i guadagni altrove. Ciò ha importanti implicazioni per il modo in cui i partiti politici svizzeri conducono le loro campagne elettorali. Essi devono essere in grado di rispondere a specifiche preoccupazioni locali, presentando al contempo una piattaforma politica di portata nazionale. Questa può essere una sfida particolare per i partiti più piccoli o più recenti che cercano di affermarsi a livello nazionale. | |||
Il Partito Popolare Svizzero (SVP), un partito populista e nazionalista di destra, ha avuto un'ascesa spettacolare in Svizzera negli ultimi due decenni. Questo successo è notevole se si considera il sistema federalista svizzero e la necessità di progredire contemporaneamente in molti cantoni per ottenere un aumento significativo della rappresentanza a livello federale. L'SVP è riuscita ad adattarsi a questo sistema complesso e a compiere progressi sostanziali in tutti i cantoni svizzeri. Ciò dimostra l'efficacia della sua strategia politica e delle sue campagne elettorali, che le hanno permesso di raggiungere un'ampia fascia di elettori in tutto il Paese. L'ascesa dell'SVP ha avuto un impatto significativo sul panorama politico svizzero. L'SVP è diventata un attore politico di primo piano nel Paese, influenzando i dibattiti nazionali su temi chiave come l'immigrazione, la sovranità nazionale e l'Unione Europea. | |||
Le elezioni federali in Svizzera sono spesso considerate come una serie di elezioni cantonali. Questo perché ogni cantone funziona come una circoscrizione elettorale, dando alle questioni locali un peso significativo nelle elezioni nazionali. Tuttavia, i cantoni godono di grande autonomia e hanno i propri governi e legislature. Hanno anche una grande influenza sulle questioni politiche, economiche e sociali, che possono variare da cantone a cantone. Di conseguenza, i partiti politici svizzeri devono spesso attuare programmi politici diversi in tutto il Paese e adattarsi agli specifici contesti locali per attirare gli elettori. | |||
La | La nazionalizzazione delle elezioni e del sistema dei partiti politici in Svizzera è un fenomeno che ha preso piede negli ultimi decenni. Nonostante il ruolo primordiale dei Cantoni e delle questioni locali, le questioni nazionali e le principali tendenze politiche a livello nazionale hanno acquisito importanza. Il sistema dei partiti politici svizzeri, pur essendo ancora fortemente influenzato dalle peculiarità cantonali, si è strutturato su una scala più ampia. I partiti nazionali sono più organizzati e coerenti di un tempo. I temi di politica nazionale come l'immigrazione, l'ambiente, l'economia e la politica estera giocano un ruolo sempre più decisivo nelle elezioni. | ||
Il Partito Popolare Svizzero (SVP) ha svolto un ruolo importante nella nazionalizzazione del sistema politico svizzero. La sua ascesa al potere in tutto il Paese ha contribuito a unificare il panorama politico svizzero su scala più ampia. Prima dell'ascesa dell'SVP, la politica svizzera era fortemente decentralizzata e ogni cantone aveva le proprie dinamiche politiche. Tuttavia, la crescente popolarità dell'SVP ha cambiato le cose. Conquistando una posizione in tutti i cantoni, anche in quelli in cui prima era debole o inesistente, l'SVP ha contribuito a creare un dibattito politico più uniforme in tutto il Paese. Questa nazionalizzazione del sistema politico svizzero ha anche contribuito a rendere le elezioni più nazionali. I cittadini svizzeri si concentrano sempre più sulle questioni nazionali piuttosto che su quelle cantonali durante le elezioni. Sebbene l'SVP abbia contribuito alla nazionalizzazione della politica svizzera, il federalismo rimane un elemento chiave del sistema politico svizzero e le differenze cantonali continuano a svolgere un ruolo importante nella politica svizzera. | |||
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Version du 29 juin 2023 à 10:18
La pensée sociale d'Émile Durkheim et Pierre Bourdieu ● Aux origines de la chute de la République de Weimar ● La pensée sociale de Max Weber et Vilfredo Pareto ● La notion de « concept » en sciences-sociales ● Histoire de la discipline de la science politique : théories et conceptions ● Marxisme et Structuralisme ● Fonctionnalisme et Systémisme ● Interactionnisme et Constructivisme ● Les théories de l’anthropologie politique ● Le débat des trois I : intérêts, institutions et idées ● La théorie du choix rationnel et l'analyse des intérêts en science politique ● Approche analytique des institutions en science politique ● L'étude des idées et idéologies dans la science politique ● Les théories de la guerre en science politique ● La Guerre : conceptions et évolutions ● La raison d’État ● État, souveraineté, mondialisation, gouvernance multiniveaux ● Les théories de la violence en science politique ● Welfare State et biopouvoir ● Analyse des régimes démocratiques et des processus de démocratisation ● Systèmes Électoraux : Mécanismes, Enjeux et Conséquences ● Le système de gouvernement des démocraties ● Morphologie des contestations ● L’action dans la théorie politique ● Introduction à la politique suisse ● Introduction au comportement politique ● Analyse des Politiques Publiques : définition et cycle d'une politique publique ● Analyse des Politiques Publiques : mise à l'agenda et formulation ● Analyse des Politiques Publiques : mise en œuvre et évaluation ● Introduction à la sous-discipline des relations internationales
Le elezioni federali si sono svolte il 19 ottobre 2015, con l'elezione del Consiglio federale e del Consiglio degli Stati. In alcuni Cantoni, queste elezioni sono proseguite con un secondo turno per il Consiglio degli Stati, come a Ginevra e nel Cantone di Vaud. Oggi (novembre 2015) sono ancora in corso in alcuni Cantoni di lingua tedesca per il Consiglio degli Stati e termineranno a fine dicembre 2015 per l'elezione del Consiglio federale.
Utilizzeremo questo evento concreto per vedere cosa può dirci la scienza politica su questo caso. In primo luogo, dal punto di vista della politica svizzera, in che modo il contesto elettorale influenza le elezioni? In altre parole, come il contesto istituzionale, il contesto politico, influenza il comportamento degli elettori, le strategie dei partiti politici e forse anche l'esito delle elezioni?
Il contesto istituzionale fornisce una panoramica molto introduttiva delle principali istituzioni del sistema politico svizzero. Esamineremo il sistema di governo, la democrazia diretta, il federalismo e il sistema elettorale e cercheremo di mostrare come queste istituzioni svizzere fondamentali influenzino le elezioni federali. Questo è il contesto in cui operano i partiti politici e in cui gli elettori si comportano, votano e formano le loro opinioni. Vedremo come questo contesto predetermini in qualche misura le scelte degli elettori. Discuteremo anche il contesto politico delle elezioni, ossia la struttura di cleavage e il sistema dei partiti a livello nazionale e cantonale, nonché le differenze che esistono da un cantone all'altro.
Valutare le forze in gioco
Il grafico mostra la forza elettorale dei principali partiti politici svizzeri dal 1947 al 2015. I dati mostrano la percentuale di voti ottenuti da ciascun partito nelle elezioni del Consiglio nazionale.
Il Consiglio nazionale in Svizzera è una delle due camere dell'Assemblea federale, l'altra è il Consiglio degli Stati. Con 200 seggi, il Consiglio nazionale è la camera più grande ed è generalmente considerato il più rappresentativo delle forze politiche del Paese. Le elezioni del Consiglio nazionale si basano su un sistema di rappresentanza proporzionale, il che significa che il numero di seggi conquistati da un partito è proporzionale al numero di voti ricevuti.
L'ascesa al potere dell'UDC
Il Partito Popolare Svizzero (SVP) è un partito politico di destra noto per le sue posizioni conservatrici su temi quali l'immigrazione, l'integrazione europea e la fiscalità. Negli ultimi due decenni, l'SVP ha conosciuto una spettacolare ascesa di popolarità in Svizzera, diventando il partito con il maggior numero di seggi nel Consiglio nazionale. Questa ascesa può essere attribuita a una serie di fattori.
L'SVP è ampiamente conosciuta per le sue posizioni su temi quali l'immigrazione e la sovranità nazionale. Si è spesso schierata a favore di restrizioni più severe sull'immigrazione e si è opposta a una maggiore integrazione della Svizzera in organizzazioni internazionali come l'Unione Europea. Il partito pone inoltre grande enfasi sulla difesa di quelli che considera i valori tradizionali svizzeri. Il nome tedesco del partito, "Schweizerische Volkspartei", che si traduce come "Partito Popolare Svizzero", riflette il suo posizionamento come partito che pretende di rappresentare gli interessi del "popolo" svizzero.
La storia dell'Union Démocratique du Centre (UDC), un partito politico svizzero, è un affascinante caso di trasformazione politica. Nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, l'UDC era un partito minore, con una percentuale di voti compresa tra il 10 e il 12%. Tuttavia, a partire dal 1995, il partito ha iniziato una fulminea ascesa, raggiungendo l'apice nel 2005. Questa trasformazione è il risultato di diversi fattori chiave. In primo luogo, l'SVP ha subito cambiamenti significativi nella leadership e nella strategia durante gli anni Novanta. Figure come Christoph Blocher hanno ridisegnato il messaggio del partito attorno ai valori conservatori e nazionalisti, con una strategia di comunicazione aggressiva che ha dato nuovo vigore all'SVP. In secondo luogo, l'SVP ha sfruttato i temi dell'immigrazione e dell'integrazione europea, generando un notevole sostegno tra una popolazione sempre più preoccupata per la globalizzazione e la sovranità nazionale. Infine, l'ascesa dell'SVP può essere vista nel contesto della crescente polarizzazione politica in Svizzera e altrove, illustrando come le dinamiche politiche possano cambiare radicalmente in risposta ai cambiamenti di leadership, alle questioni politiche e alle tensioni sociali.
Il Partito Popolare Svizzero (SVP) ha compiuto un'impresa significativa nelle elezioni del 2015 in Svizzera, avvicinandosi alla soglia del 30%. Si tratta di un risultato notevole nel contesto politico svizzero, in particolare da quando, nel 1919, è stato introdotto il sistema di suffragio proporzionale, nessun partito era riuscito a superare questa soglia. L'uso del termine "mitico" per descrivere questa soglia del 30% ne sottolinea il significato: si tratta di un segno di dominio politico raramente raggiunto nel variegato panorama politico svizzero. Il fatto che l'SVP si sia avvicinata così tanto a questa soglia dimostra la sua notevole influenza e il significativo sostegno che è riuscita a conquistare tra gli elettori svizzeri. La vicinanza dell'SVP a questa soglia nelle elezioni del 2015 indica l'efficacia della sua strategia politica, incentrata sui temi dell'immigrazione, della sovranità e del conservatorismo. Illustra inoltre il potenziale impatto della polarizzazione politica e delle preoccupazioni socio-economiche sui risultati elettorali.
Periodo di stabilità fino al 1990
La politica svizzera è nota per la sua stabilità, caratterizzata da un sistema partitico che si è mantenuto abbastanza costante fino agli anni Novanta. Sebbene si possano osservare alcune variazioni da un'elezione all'altra, la distribuzione dei voti tra i principali partiti è rimasta generalmente abbastanza stabile. Il Partito socialista svizzero (in rosa), il Partito liberale-radicale (in blu) e il Partito cristiano-democratico (in arancione) erano i principali attori politici e le loro posizioni nello spettro politico erano ben consolidate. Questo panorama politico relativamente immutabile è caratteristico della Svizzera, un Paese noto per la sua stabilità politica ed economica. Tuttavia, l'emergere del Partito Popolare Svizzero (SVP) negli anni '90 e la sua rapida crescita hanno alterato questa immagine di stabilità. L'ascesa dell'SVP ha causato una certa rottura del sistema partitico tradizionale, riflettendo il cambiamento delle preoccupazioni e dei valori degli elettori svizzeri. La trasformazione del panorama politico svizzero in questo periodo fornisce un interessante esempio delle dinamiche mutevoli della politica multipartitica e dell'influenza dei partiti politici sulla formazione delle politiche e dei governi.
L'ascesa del Partito Popolare Svizzero (SVP) negli anni '90 e 2000 ha modificato profondamente il panorama politico svizzero. Precedentemente caratterizzato da un alto grado di stabilità tra i principali partiti - il Partito socialista, il Partito liberale-radicale e il Partito cristiano democratico - il sistema partitico svizzero è diventato più dinamico e meno prevedibile con l'emergere dell'SVP come forza politica dominante. Questa transizione verso un sistema partitico più instabile riflette un periodo di cambiamenti significativi nella politica svizzera. L'SVP, con il suo discorso incentrato su temi conservatori e nazionalisti, è riuscita a mobilitare un ampio sostegno, sfidando l'equilibrio di potere esistente. Questo periodo di cambiamento ha visto anche una maggiore volatilità nelle preferenze degli elettori, con una ridistribuzione dei voti tra i diversi partiti. Ciò dimostra come i cambiamenti sociali, economici e politici possano rimodellare il panorama politico di un Paese, anche in un sistema stabile come quello svizzero.
La fulminea ascesa del Partito Popolare Svizzero (SVP) negli anni Novanta e Duemila non è stata priva di conseguenze per gli altri partiti politici svizzeri. In particolare, sia il Partito Democratico Cristiano che il Partito Liberale-Radicale hanno subito una significativa erosione della loro base elettorale durante questo periodo. Il Partito Democratico Cristiano, simboleggiato in arancione nei grafici della distribuzione dei voti, ha seguito una tendenza al ribasso quasi lineare dalla fine degli anni Settanta e Ottanta. Ciò può essere attribuito a una serie di fattori, tra cui il cambiamento delle preferenze degli elettori e l'emergere della SVP come forza politica influente. Allo stesso modo, anche il Partito liberal-radicale ha subito un forte calo del sostegno elettorale nel corso del tempo. Tuttavia, nel 2015 sembra esserci stata una leggera ripresa, anche se la causa precisa di questa ripresa dei consensi potrebbe essere dovuta a diversi fattori, tra cui cambiamenti strategici, preoccupazioni politiche specifiche o un riposizionamento rispetto ad altri partiti. Questa dinamica dimostra come l'emergere di un nuovo potente partito politico possa sconvolgere l'equilibrio esistente e portare a una ridistribuzione dei voti tra i partiti. Inoltre, evidenzia come i cambiamenti nel panorama politico possano riflettere trasformazioni sociali e culturali più ampie.
Emergenza di nuovi partiti
I Verdi svizzeri, costituiti nel 1979, rappresentano un altro aspetto interessante del panorama politico del Paese. Sono stati tra i primi partiti verdi ad avere un impatto significativo sulla politica europea, con l'elezione di Daniel Brélaz al Parlamento europeo. Questa vittoria ha segnato la prima volta che un membro del partito dei Verdi è stato eletto a tale carica. Dopo questa svolta iniziale, i Verdi hanno registrato una crescita significativa dei consensi fino al 2007, a dimostrazione della crescente importanza delle questioni ambientali nell'opinione pubblica. Tuttavia, dopo il 2007, il partito ha subito un declino, forse dovuto a uno spostamento delle priorità degli elettori o a un contesto politico più ampio.
Nonostante questo declino, Daniel Brélaz è riuscito a fare una notevole rimonta nel 2015, venendo rieletto nel Consiglio nazionale svizzero. La sua rielezione sottolinea il continuo impegno nei confronti delle questioni ambientali da parte di una parte significativa dell'elettorato svizzero, nonché il ruolo costante dei Verdi nella politica svizzera. La traiettoria dei Verdi svizzeri illustra come i partiti politici possano evolversi e adattarsi in risposta a questioni specifiche e ai cambiamenti dell'opinione pubblica. La loro esperienza dimostra anche come un partito possa mantenere la propria influenza, anche di fronte alle sfide e ai cambiamenti del panorama politico più ampio.
La nascita di nuovi partiti politici, come il Partito Verde Liberale e il Partito Borghese Democratico, è un'altra caratteristica interessante dei recenti sviluppi della politica svizzera. Questi due partiti sono riusciti a fare un'impressionante entrata sulla scena politica nelle elezioni del 2011, dimostrando che c'è ancora spazio per nuovi attori nel sistema multipartitico svizzero. Il Partito Verde Liberale ha cercato di combinare le preoccupazioni ambientali dei Verdi tradizionali con un orientamento più centrista o liberale su altre questioni politiche. Questa combinazione è riuscita ad attrarre un numero significativo di elettori nelle elezioni del 2011. Allo stesso modo, il Partito borghese democratico è riuscito ad affermarsi sulla scena politica nel 2011. Questo partito è stato formato da membri della SVP in disaccordo con l'orientamento sempre più nazionalista del partito. Ponendosi come alternativa più moderata all'SVP, il Partito democratico borghese è riuscito a ottenere un notevole sostegno nelle elezioni del 2011. Tuttavia, nel 2015, questi due nuovi partiti hanno fatto più fatica. Ciò potrebbe essere dovuto a una serie di fattori, tra cui la naturale volatilità delle preferenze elettorali, i cambiamenti nel contesto politico o le sfide specifiche che questi partiti hanno dovuto affrontare. In ogni caso, l'emergere di questi nuovi partiti dimostra il continuo dinamismo e l'evoluzione del panorama politico svizzero.
Anni di trasformazione
Il grafico illustra chiaramente i cambiamenti significativi avvenuti nella politica svizzera negli ultimi trent'anni. Se un tempo il panorama politico svizzero era caratterizzato da una grande stabilità tra i principali partiti, l'ascesa del Partito Popolare Svizzero (UDC) ha trasformato profondamente questo sistema.
L'UDC, con il suo discorso conservatore e nazionalista di destra, è riuscita a mobilitare un ampio consenso tra l'elettorato svizzero, sconvolgendo l'equilibrio esistente tra i partiti politici. Questo ha portato a una significativa ridistribuzione dei voti e ha eroso la base elettorale di partiti tradizionali come quello cristiano-democratico e quello liberale-radicale.
Allo stesso tempo, abbiamo assistito alla nascita di nuovi partiti, come i Verdi, il Partito Verde Liberale e il Partito Borghese Democratico, che riflettono il cambiamento delle preoccupazioni e dei valori degli elettori svizzeri.
Questa dinamica dimostra che anche in un sistema politico stabile come quello svizzero possono verificarsi cambiamenti significativi e rapidi. Inoltre, illustra come i partiti politici debbano costantemente adattarsi ed evolversi in risposta ai cambiamenti dell'opinione pubblica e del contesto politico più ampio.
Il contesto istituzionale delle elezioni
Quali istituzioni hanno un'influenza diretta o indiretta sul comportamento elettorale degli elettori, sulle strategie dei partiti, sulla copertura mediatica e, in ultima analisi, sull'esito delle elezioni?
Le istituzioni che influenzano il comportamento elettorale, le strategie dei partiti, la copertura mediatica e, in ultima analisi, l'esito delle elezioni sono molte e varie. Ognuna di esse svolge un ruolo distinto ma cruciale nel modo in cui le elezioni vengono condotte e percepite dal pubblico.
Il sistema elettorale svizzero è un attore fondamentale. Basato sulla rappresentanza proporzionale, assegna i seggi in base alla percentuale di voti ottenuti da ciascun partito. Ciò influenza la strategia dei partiti, che si concentrano sulla conquista di un ampio consenso piuttosto che su circoscrizioni specifiche. Gli elettori possono anche sentirsi più inclini a votare per i partiti più piccoli, perché sanno che la loro voce conta in questo sistema. I media sono un'altra istituzione influente. Hanno il potere di plasmare l'opinione pubblica mettendo in evidenza determinate questioni, dando maggiore visibilità a certi candidati o partiti e fornendo analisi che influenzano la percezione pubblica. La copertura mediatica può quindi giocare un ruolo considerevole nella formazione delle decisioni di voto. Per quanto riguarda il sistema politico svizzero, il modello "Concordanza" incoraggia la cooperazione tra i partiti e la rappresentanza proporzionale nel governo. Ciò può influenzare il modo in cui i partiti fanno campagna elettorale e gestiscono i loro rapporti reciproci, favorendo un clima di collaborazione piuttosto che di scontro. Anche le organizzazioni di sondaggio rappresentano un'influenza importante. Fornendo informazioni sulle intenzioni di voto degli elettori, possono influenzare la strategia dei partiti, la copertura mediatica e persino il comportamento degli elettori, in particolare per quanto riguarda il "voto strategico". Inoltre, le organizzazioni non governative (ONG) e altri gruppi della società civile possono influenzare le elezioni dando risalto a determinate questioni, organizzando campagne di sensibilizzazione o sostenendo determinati candidati o partiti. Infine, le istituzioni educative svolgono un ruolo indiretto ma importante nelle elezioni. Formando gli atteggiamenti e le opinioni dei cittadini nel lungo periodo, possono avere un impatto sul comportamento elettorale. Pertanto, una moltitudine di istituzioni è coinvolta nel processo elettorale, sia direttamente attraverso il loro coinvolgimento nel processo, sia indirettamente attraverso la loro influenza sull'opinione pubblica e sul comportamento degli elettori.
Caratteristiche del sistema di governo
Cosa si intende per "sistema di governo"?
Il termine "sistema di governo" racchiude diversi concetti chiave relativi al modo in cui si forma un governo e al modo in cui interagisce con gli altri rami del governo. Il primo aspetto riguarda il modo in cui il governo viene eletto, o più precisamente, come viene eletto l'esecutivo. Può essere eletto direttamente dal popolo, come in alcuni sistemi presidenziali, o dal parlamento, come spesso accade nei sistemi parlamentari.
Il secondo aspetto del sistema di governo riguarda il tipo di rapporto tra il governo (potere esecutivo) e il parlamento (potere legislativo). In alcuni sistemi, questi due rami del governo sono ampiamente indipendenti l'uno dall'altro, avendo ciascuno le proprie responsabilità e aree di competenza. In altri sistemi sono più interdipendenti, con il ramo esecutivo in grado di controllare o addirittura sanzionare il ramo legislativo, o viceversa.
Questa interdipendenza, o la sua mancanza, porta a vari gradi di fusione tra i rami esecutivo e legislativo. Nei sistemi in cui questi poteri sono fortemente fusi, possiamo avere una situazione in cui il governo è in realtà un'estensione del parlamento, o in cui il parlamento è dominato dal governo. Al contrario, nei sistemi in cui questi poteri sono chiaramente separati, il governo e il parlamento possono operare come entità distinte, ciascuna con il proprio mandato e la propria autorità.
In politica comparata, la letteratura distingue due tipi principali di sistemi di governo, noti anche come tipi di regime politico.
Confronto tra diversi tipi di governo: sistema parlamentare vs. sistema presidenziale
Nel campo della politica comparata, la letteratura accademica distingue generalmente tra due tipi principali di sistema di governo o regime politico: il sistema parlamentare e il sistema presidenziale.
Il sistema parlamentare è caratterizzato dalla separazione flessibile dei poteri e dalla dipendenza del ramo esecutivo da quello legislativo. In questo sistema, il governo (esecutivo) è eletto dal Parlamento e dipende dalla sua fiducia per rimanere in carica. Può essere rovesciato da un voto di sfiducia. D'altra parte, il capo dello Stato (monarca o presidente) ha generalmente un ruolo più simbolico o cerimoniale, mentre il potere reale è detenuto dal capo del governo (spesso chiamato primo ministro). Esempi di sistemi parlamentari si trovano nel Regno Unito, in Germania, in Canada e in India.
Il sistema presidenziale, invece, è caratterizzato da una rigida separazione dei poteri. Il presidente è sia il capo dello Stato che il capo del governo ed è generalmente eletto direttamente dal popolo. Il presidente ha il potere esecutivo e non dipende dalla fiducia del potere legislativo per rimanere in carica. Il ramo legislativo (parlamento o congresso) in genere non può rovesciare il presidente con un voto di sfiducia, a meno che non sia sottoposto a impeachment per atti gravi. Esempi di sistemi presidenziali si trovano negli Stati Uniti, in Brasile e in Francia (che in realtà è un sistema semi-presidenziale con un misto di caratteristiche presidenziali e parlamentari).
Va notato che queste categorie sono tipi ideali e che molti Paesi hanno sistemi ibridi che combinano elementi di entrambi i tipi o che differiscono da questi modelli in vari modi.
Il sistema parlamentare
In un sistema parlamentare, il governo viene eletto indirettamente. È il parlamento che elegge il governo, piuttosto che i cittadini direttamente. In genere, il leader del partito con il maggior numero di seggi in parlamento, o talvolta il leader di una coalizione di partiti, diventa il capo del governo. Questo sistema è pensato per garantire che il governo rifletta la composizione del parlamento, a sua volta eletto dal popolo. Il funzionamento di questo sistema può variare da Paese a Paese. Ad esempio, in alcuni Paesi il capo di Stato (come il monarca o il presidente) ha il potere di nominare il capo del governo, ma di solito deve scegliere il leader del partito di maggioranza in Parlamento. In altri Paesi è il Parlamento stesso a eleggere il capo del governo. Uno dei vantaggi di questo sistema è che garantisce un certo grado di coerenza tra la volontà del popolo (espressa con l'elezione del Parlamento) e la composizione del governo. Tuttavia, può anche portare all'instabilità del governo se non si riesce a formare una coalizione stabile all'interno del parlamento.
In un sistema parlamentare, il potere esecutivo è generalmente esercitato collettivamente da un consiglio dei ministri, guidato da un primo ministro o da una figura equivalente. Questo "capitano" del governo è spesso il leader del partito di maggioranza in parlamento, o talvolta di una coalizione di partiti. La terminologia varia da Paese a Paese. In Italia, ad esempio, il capo del governo è conosciuto come "Presidente del Consiglio", in Germania come "Cancelliere" e nel Regno Unito come "Primo Ministro". Tuttavia, anche se i titoli variano, il ruolo di questi leader rimane abbastanza simile: guidano il governo, definiscono gli orientamenti politici generali e assicurano l'attuazione delle leggi. Va notato che in alcuni sistemi parlamentari, anche il capo di Stato (come il re, la regina o il presidente) svolge un ruolo, anche se spesso di natura prevalentemente cerimoniale. Allo stesso tempo, può avere alcune importanti responsabilità, come la nomina del Primo Ministro o lo scioglimento del Parlamento.
Per definire un sistema politico, si prendono spesso in considerazione due criteri essenziali: il metodo di elezione del governo e la natura del rapporto tra governo e parlamento. Da un lato, il modo in cui viene eletto il governo ci aiuta a capire come si costituisce il potere esecutivo. In un sistema parlamentare, ad esempio, il governo viene eletto indirettamente. I cittadini votano per eleggere i membri del parlamento ed è questo parlamento a formare il governo. Questa procedura è diversa in un sistema presidenziale, dove gli elettori scelgono direttamente il capo dell'esecutivo, spesso chiamato presidente. Anche la natura del rapporto tra governo e parlamento è fondamentale per comprendere il funzionamento di un sistema politico. Descrive il modo in cui i due rami del potere, l'esecutivo e il legislativo, interagiscono tra loro. In un sistema parlamentare, ad esempio, c'è una dipendenza reciproca tra il governo e il parlamento: il governo deve rendere conto al parlamento, che ha il potere di rovesciarlo con una mozione di censura. In un sistema presidenziale, invece, il presidente e il parlamento operano generalmente in modo più indipendente. In breve, questi due criteri giocano un ruolo fondamentale nell'analisi delle strutture di governo di una democrazia e ci permettono di capire le interazioni e la distribuzione dei poteri tra le varie istituzioni politiche.
In un sistema parlamentare, il governo e il parlamento mantengono un rapporto di controllo reciproco, essenziale per l'equilibrio del potere politico. Da un lato, il governo ha la possibilità di controllare il parlamento. Ad esempio, in alcuni sistemi parlamentari, il governo può avere il potere di sciogliere il Parlamento e indire elezioni anticipate. Questo potere può essere utilizzato per controllare l'agenda politica e garantire la stabilità del governo. D'altra parte, il parlamento dispone di strumenti significativi per controllare il governo. Ad esempio, il Parlamento può approvare una mozione di censura per rovesciare il governo. Inoltre, i parlamentari hanno la responsabilità di mettere in discussione ed esaminare le azioni del governo, spesso attraverso le commissioni parlamentari. Hanno anche il potere di votare il bilancio, il che conferisce loro una grande influenza sulla politica del governo. Questo equilibrio di controllo reciproco, noto anche come checks and balances, assicura che il potere non sia concentrato in modo sproporzionato nelle mani dell'esecutivo o del legislativo. Al contrario, questi due rami del governo sono in grado di monitorarsi e controllarsi a vicenda. Ciò è essenziale per mantenere una democrazia sana e funzionante.
In un sistema parlamentare, la mozione di censura e la questione di fiducia sono meccanismi istituzionali chiave che regolano il rapporto tra parlamento e governo, garantendo il controllo reciproco. La mozione di censura è uno strumento parlamentare che consente al Parlamento di destituire il governo. Per essere approvata, una mozione di censura deve generalmente ricevere il sostegno della maggioranza dei membri del Parlamento. Se la mozione di censura viene approvata, il governo è obbligato a dimettersi e deve essere formato un nuovo governo. Si tratta di un modo efficace per il Parlamento di esercitare un controllo sul governo. La questione di fiducia è un meccanismo con cui il governo chiede l'approvazione del Parlamento su una questione politica importante. Se il parlamento vota contro la questione di fiducia, il governo è solitamente tenuto a dimettersi o a chiedere al capo di Stato di sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni. In questo modo il governo verifica di avere ancora il sostegno necessario per governare. Questi controlli e contrappesi reciproci svolgono un ruolo cruciale nel mantenere l'equilibrio dei poteri in un sistema parlamentare. Garantiscono che il governo sia responsabile nei confronti del Parlamento e aiutano a prevenire l'abuso di potere.
In un sistema di questo tipo, il governo è responsabile nei confronti del Parlamento. Ciò significa che deve rendere conto al Parlamento delle sue azioni e delle sue politiche. Se il governo adotta politiche che non sono sostenute dalla maggioranza parlamentare, il parlamento può utilizzare meccanismi come la mozione di censura per rimuoverlo dall'incarico. Il governo può anche essere costretto a dimettersi se una questione di fiducia viene respinta dal parlamento. Il governo ha anche il potere di sciogliere il Parlamento e indire elezioni anticipate. Questa può essere una tattica strategica per il governo se, ad esempio, ritiene che l'attuale clima politico sia favorevole e che abbia la possibilità di rafforzare la propria maggioranza parlamentare. È anche un modo per ristabilire le relazioni tra il governo e il parlamento, se sono tese o conflittuali. Questi meccanismi garantiscono il controllo reciproco tra governo e parlamento e sono essenziali per mantenere l'equilibrio dei poteri in un sistema parlamentare.
In un sistema parlamentare, il governo ha anche un certo grado di controllo sul parlamento. Sebbene il governo debba rispondere al Parlamento ed essere sostenuto da una maggioranza parlamentare per rimanere al potere, ha anche la possibilità di sciogliere il Parlamento e indire elezioni anticipate. Questo è un modo importante per il governo di controllare il Parlamento. Ad esempio, se il governo ritiene di non poter più lavorare efficacemente con l'attuale parlamento, o se il parlamento è troppo diviso per formare una maggioranza stabile, il governo può scegliere di sciogliere il parlamento. Convocando elezioni anticipate, il governo ha l'opportunità di ottenere un nuovo mandato dall'elettorato e potenzialmente lavorare con un nuovo parlamento più in linea con le sue politiche. Si tratta quindi di una dinamica di potere bidirezionale: il parlamento ha il potere di sciogliere il governo, ma anche il governo ha il potere di sciogliere il parlamento. Ciò garantisce una forma di equilibrio e incoraggia la cooperazione tra queste due istituzioni essenziali.
I meccanismi di controllo reciproco richiedono una certa forma di collaborazione tra governo e parlamento. Se il governo prende decisioni che non sono in accordo con la maggioranza parlamentare, rischia una mozione di censura che potrebbe farlo cadere. Allo stesso modo, se il parlamento rifiuta costantemente di sostenere le proposte legislative del governo, quest'ultimo può sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni. Questi meccanismi garantiscono un equilibrio di poteri e incoraggiano entrambi i partiti a lavorare insieme per raggiungere un consenso su questioni politiche importanti. Tuttavia, è importante notare che questi meccanismi possono variare a seconda del contesto politico specifico di ogni Paese. Ad esempio, in alcuni sistemi parlamentari, il governo non può sciogliere il parlamento a propria discrezione, ma ha bisogno dell'approvazione del capo di Stato o di una maggioranza parlamentare.
Questi sistemi sono caratterizzati da una costante interazione e da una stretta collaborazione tra governo e parlamento. La necessità di sostegno e coesione reciproca tra i partiti di governo porta a una significativa fusione dei poteri esecutivo e legislativo. Ciò significa che i partiti che formano il governo devono mantenere un certo grado di unità e consenso per evitare una mozione di censura. Questa dinamica incoraggia un'intensa cooperazione tra i partiti di governo, che spesso porta a una sovrapposizione dei ruoli legislativi ed esecutivi. In alcuni casi, ciò può rendere meno netta la distinzione tra potere esecutivo e legislativo. Ad esempio, i membri del governo possono anche sedere in parlamento, contribuendo così a entrambi gli aspetti della governance. Questa interdipendenza è una caratteristica fondamentale dei sistemi parlamentari ed è proprio ciò che li differenzia dai sistemi presidenziali, dove i poteri esecutivo e legislativo sono più chiaramente separati.
Il sistema parlamentare britannico è un classico esempio di fusione dei poteri esecutivo e legislativo. È frequente che i ministri siano anche membri del Parlamento - cioè sono sia deputati (membri della Camera dei Comuni) o Lord (membri della Camera dei Lord) sia ministri dell'esecutivo. Questa dualità di ruoli rafforza la commistione di poteri tra esecutivo e legislativo. Essendo un membro sia dell'esecutivo che del legislativo, un ministro può partecipare direttamente alla creazione delle leggi e alla loro attuazione. Questa fusione di poteri consente uno stretto allineamento tra questi due rami del governo, facilitando una cooperazione e un coordinamento efficaci. Si tratta di una caratteristica distintiva dei sistemi parlamentari, che si differenzia nettamente dalla rigida separazione dei poteri presente nei sistemi presidenziali.
Il sistema presidenziale
Il secondo sistema di governo è quello presidenziale. Il sistema presidenziale si distingue per diversi aspetti. In primo luogo, il presidente è eletto direttamente dal popolo. Ciò significa che, quando si tengono le elezioni, è il popolo a decidere chi sarà il prossimo presidente. Questa elezione diretta rafforza la legittimità del presidente agli occhi del popolo, perché è scelto direttamente da esso. In secondo luogo, in un sistema presidenziale, il presidente ha un notevole potere esecutivo. Il Presidente nomina i suoi ministri e segretari di Stato, dirige la diplomazia del Paese e comanda le forze armate. In breve, il Presidente accentra nella sua persona un'ampia gamma di poteri esecutivi, garantendo una forte leadership e un efficace processo decisionale. In terzo luogo, e questo è il punto in cui il sistema presidenziale si differenzia maggiormente da quello parlamentare, il presidente e il suo governo, da un lato, e il parlamento, dall'altro, sono indipendenti l'uno dall'altro. Il Presidente non può sciogliere il Parlamento e il Parlamento non può destituire il Presidente. Una volta eletti, restano in carica per la durata della legislatura. Nessuno dei due può essere rovesciato. Questo garantisce una certa stabilità del governo e dell'amministrazione, ma limita anche la capacità di adattamento in caso di grandi cambiamenti politici o sociali.
Il sistema presidenziale americano prevede un'eccezione a questa regola di totale indipendenza tra presidente e parlamento, grazie alla procedura di "impeachment". Questa procedura, che equivale all'impeachment del Presidente, è prevista per situazioni di estrema crisi, quando il Presidente è sospettato di aver commesso "gravi crimini e misfatti". Sebbene rara, questa procedura è stata avviata in diverse occasioni nella storia degli Stati Uniti. Tuttavia, il processo di impeachment è complesso e richiede l'approvazione di entrambe le camere del Congresso: la Camera dei Rappresentanti deve prima votare gli articoli di impeachment, poi il Senato deve tenere un processo e, infine, è necessaria una maggioranza di due terzi per rimuovere il Presidente dalla carica. Sebbene questa procedura di impeachment esista, rimane un'eccezione alla regola generale dell'indipendenza tra il Presidente e il Parlamento nel sistema presidenziale. Di norma, il Presidente rimane in carica per tutta la durata del suo mandato, così come il Parlamento.
In un sistema presidenziale, viene effettivamente mantenuta una chiara separazione tra potere esecutivo e legislativo, in contrapposizione alla fusione di poteri che caratterizza i sistemi parlamentari. Questo principio di separazione dei poteri è uno dei fondamenti del modello presidenziale. Per mantenere questo equilibrio di poteri tra i diversi rami del governo, vengono messi in atto meccanismi di "check and balance". Questi meccanismi assicurano che nessun ramo del governo - sia esso l'esecutivo, il legislativo o il giudiziario - diventi troppo potente e possa abusare del proprio potere. Ad esempio, il Presidente ha il potere di veto sulle leggi approvate dal Parlamento, ma quest'ultimo può a sua volta annullare il veto con una maggioranza qualificata. Allo stesso modo, anche se il Presidente nomina i giudici della Corte Suprema, queste nomine devono essere approvate dal Senato. Questa separazione dei poteri e questi controlli e contrappesi sono pensati per garantire il corretto funzionamento della democrazia e per prevenire gli abusi di potere in un sistema presidenziale.
L'esempio più eclatante di sistema parlamentare è il Regno Unito. Il "sistema Westminster" viene spesso presentato come il prototipo del sistema parlamentare. Tuttavia, anche molti altri Paesi, soprattutto in Europa, applicano un sistema parlamentare, tra cui Germania, Italia, Austria e Paesi scandinavi. In questi sistemi, il governo viene spesso formato sulla base di una maggioranza parlamentare. Tuttavia, data la diversità dei partiti politici e la frammentazione del panorama politico, non è raro che il governo sia in minoranza. In altre parole, anche quando diversi partiti formano una coalizione per governare, potrebbero non avere la maggioranza in Parlamento. Si tratta di uno scenario frequente in Danimarca, dove la frammentazione del panorama politico porta spesso alla formazione di governi di minoranza. In questi casi, il governo dipende dal sostegno di altri piccoli partiti per ottenere la maggioranza parlamentare necessaria a governare efficacemente. Questo può portare a negoziati politici complessi e richiede una cooperazione e un consenso significativi tra i partiti.
In ogni caso, nella maggior parte dei Paesi intorno alla Svizzera esiste un sistema parlamentare, il cui archetipo è quello britannico, mentre l'archetipo del sistema presidenziale proviene dagli Stati Uniti. Il sistema parlamentare britannico è caratterizzato da una stretta collaborazione tra il potere legislativo (parlamento) e il potere esecutivo (governo). In questo sistema, il primo ministro, che è il capo del governo, è generalmente il leader del partito che ha la maggioranza dei seggi in parlamento. Il sistema presidenziale americano, invece, è caratterizzato da una rigida separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. In questo sistema, il Presidente, eletto direttamente dal popolo, detiene la maggior parte del potere esecutivo. Il Congresso (composto dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato) detiene il potere legislativo e non può essere sciolto dal Presidente. Questa separazione dei poteri fornisce un sistema di controlli e bilanciamenti tra i diversi rami del governo. La maggior parte dei Paesi adotta una forma ibrida di questi due sistemi, con alcune caratteristiche adattate al loro particolare contesto politico e costituzionale.
Il sistema politico francese è spesso descritto come "semi-presidenziale" o "semi-parlamentare", perché combina elementi di entrambi i sistemi da lei descritti. Nel sistema francese, il Presidente è eletto a suffragio universale diretto, il che gli conferisce una forte legittimità democratica. In qualità di Capo dello Stato, il Presidente ha ampi poteri, in particolare in materia di politica estera e di difesa. Può anche sciogliere l'Assemblea nazionale e indire nuove elezioni generali. D'altro canto, il governo francese, guidato dal Primo Ministro, è responsabile nei confronti del Parlamento. È il Presidente a nominare il Primo Ministro, ma quest'ultimo deve avere il sostegno della maggioranza dell'Assemblea Nazionale per poter governare efficacemente. Il governo può essere rovesciato da una mozione di censura approvata dall'Assemblea nazionale. Questo sistema è stato concepito per creare un equilibrio tra potere esecutivo e legislativo. Tuttavia, può anche portare a situazioni di "coabitazione", quando il presidente e la maggioranza parlamentare appartengono a partiti politici diversi.
Il sistema di governo svizzero
Un'incursione nella politica comparata fornisce un quadro più chiaro delle caratteristiche del sistema di governo svizzero e di come possa essere classificato alla luce di queste distinzioni tra sistemi parlamentari e presidenziali.
La Svizzera si distingue per il suo sistema di governo unico, spesso definito sistema del "consenso". Questo sistema è una variante del sistema parlamentare e presenta caratteristiche particolari, influenzate dal contesto storico, culturale e geografico del Paese. La Svizzera è una federazione composta da 26 cantoni, ciascuno dei quali gode di un elevato grado di autonomia. Il potere esecutivo è esercitato collettivamente dal Consiglio federale, composto da sette membri. Questi membri sono eletti dall'Assemblea federale (il Parlamento svizzero) per un mandato di quattro anni. Questo metodo di elezione indiretta è caratteristico del sistema parlamentare.
Tuttavia, ciò che distingue particolarmente il sistema svizzero è il principio della "formula magica". Dal 1959, i seggi del Consiglio federale sono stati distribuiti tra i quattro principali partiti politici, in modo da riflettere la diversità politica del Paese. Questa distribuzione è cambiata nel corso degli anni, ma l'obiettivo è quello di garantire un governo basato sulla coalizione e sul consenso, piuttosto che sullo scontro. Inoltre, ogni membro del Consiglio federale è a capo di un dipartimento dell'amministrazione federale, ma non esiste un Primo Ministro. Il Presidente della Confederazione è un membro del Consiglio federale, eletto per un anno, ma il suo ruolo è essenzialmente rappresentativo e non conferisce poteri aggiuntivi. Infine, è importante sottolineare che il sistema politico svizzero è caratterizzato anche dal federalismo, dalla democrazia diretta e dal multilinguismo. Questi elementi influenzano fortemente il comportamento elettorale dei cittadini, le strategie dei partiti politici e l'esito delle elezioni.
Un sistema di governo ibrido
Il sistema politico svizzero non è un caso semplice dal punto di vista della distinzione tra sistema parlamentare e sistema presidenziale; non è il caso più facile da classificare. Il sistema politico svizzero è unico e non rientra facilmente nella classica distinzione tra sistemi parlamentari e presidenziali.
La Svizzera viene talvolta definita "sistema di governo basato sul consenso", che differisce dalla tradizionale forma di governo parlamentare in cui un partito o una coalizione di partiti che detiene la maggioranza parlamentare forma il governo. La Svizzera ha invece una "formula magica" per la composizione del suo esecutivo, il Consiglio federale. Secondo questa formula, i seggi del Consiglio federale sono distribuiti tra i principali partiti del Paese, garantendo così una rappresentanza proporzionale nel governo. Inoltre, il sistema svizzero è unico nel suo genere, in quanto il Consiglio federale è responsabile collettivamente della governance del Paese e non esiste un primo ministro o un presidente con poteri esecutivi superiori. Il ruolo di Presidente della Confederazione è essenzialmente cerimoniale e ruota ogni anno tra i membri del Consiglio federale. Inoltre, la Svizzera è una democrazia semidiretta, ovvero il popolo svizzero ha un ruolo diretto nel processo decisionale politico attraverso iniziative popolari e referendum, cosa che non è tipica dei sistemi parlamentari o presidenziali. In breve, il sistema politico svizzero presenta caratteristiche uniche che lo rendono difficile da classificare esclusivamente come sistema parlamentare o presidenziale. La sua natura consensuale e semidiretta lo distingue da molti altri sistemi politici del mondo.
Il sistema politico svizzero presenta aspetti ibridi che lo avvicinano a un sistema parlamentare. In particolare, il Consiglio federale, che forma il governo svizzero, è eletto dall'Assemblea federale e non direttamente dal popolo. Questa elezione indiretta è una caratteristica dei sistemi parlamentari. In questo modello, i membri del Consiglio federale sono eletti dalle due camere del Parlamento svizzero in seduta comune. Questa procedura elettorale riflette il funzionamento di un sistema parlamentare, in cui il governo è generalmente formato dai partiti con il maggior numero di seggi in Parlamento. Tuttavia, è importante notare che il governo svizzero funziona come un collegio, in cui tutti i consiglieri federali prendono decisioni insieme. Non c'è un "leader" tra di loro, il che differisce dal normale funzionamento di un sistema parlamentare, in cui il Primo Ministro o il Cancelliere hanno generalmente un ruolo di leadership.
Tuttavia, il sistema di governo svizzero è simile al sistema presidenziale in termini di rapporto tra governo e parlamento. Nel sistema svizzero, come in ogni sistema presidenziale, esiste una dipendenza reciproca tra governo e parlamento. Una volta eletti, i membri del Consiglio federale e del Parlamento hanno un mandato fisso di quattro anni. Non esiste alcun meccanismo che consenta di sciogliere il Consiglio federale prima della fine del suo mandato, né di sciogliere il Parlamento. Questa stabilità istituzionale, caratteristica del sistema presidenziale, differisce da quella del sistema parlamentare, dove il governo può essere rovesciato da una mozione di censura o il Parlamento sciolto dal governo. Pertanto, sebbene il Consiglio federale sia eletto dal Parlamento, una volta in carica opera in modo indipendente dal Parlamento, proprio come in un sistema presidenziale. Inoltre, il governo svizzero, agendo come un collegio, opera in modo collegiale piuttosto che gerarchico, il che rafforza la sua indipendenza dal Parlamento. Tuttavia, il sistema svizzero si differenzia anche dai sistemi presidenziali tradizionali. Ad esempio, sebbene il Presidente della Confederazione sia formalmente il Capo dello Stato, i suoi poteri e le sue responsabilità sono molto limitati rispetto a quelli di un Presidente in un sistema presidenziale.
Una volta eletto, il Consiglio federale svizzero rimane in carica per un mandato di quattro anni e non può essere rovesciato dal Parlamento, a differenza di quanto avviene in un sistema parlamentare tradizionale. Questa indipendenza del governo dal Parlamento è una delle caratteristiche distintive del sistema politico svizzero. Tuttavia, ciò non significa che il governo svizzero non sia responsabile. Sebbene il Parlamento non possa rovesciare il governo, quest'ultimo è costituzionalmente responsabile delle sue azioni di fronte al Parlamento. Il Parlamento ha il diritto di controllare il governo, di interrogare i suoi membri e di ritenerli responsabili delle loro azioni. Nel contesto della politica svizzera, quando si dice che il Consiglio federale è "irresponsabile", significa che non è direttamente responsabile nei confronti del Parlamento, in termini di meccanismi di mozione di censura o di impeachment, come potrebbe avvenire in un sistema parlamentare tradizionale. Tuttavia, questo termine non significa che il Consiglio federale sia esente da responsabilità o obblighi nei confronti del Parlamento o del popolo svizzero. Infatti, il governo svizzero ha l'obbligo di rendere conto delle proprie azioni, di tenere conto delle preoccupazioni del Parlamento e di rispondere alle sue domande. È inoltre obbligato a rispettare le leggi svizzere e la Costituzione ed è soggetto al controllo giudiziario. La "non rendicontabilità" del Consiglio federale non deve quindi essere interpretata come una mancanza di controllo o di supervisione, ma piuttosto come l'assenza di un meccanismo specifico che consenta al Parlamento di rimuovere il governo in carica.
Il sistema politico svizzero è unico per molti aspetti. La sua natura ibrida, che combina sistemi parlamentari e presidenziali, lo distingue già dai modelli più tradizionali. Tuttavia, ci sono altre caratteristiche che lo rendono ancora più peculiare.
Il sistema di concordanza, che è una caratteristica specifica della politica svizzera, garantisce una rappresentanza proporzionale dei principali partiti politici nel governo. Va notato che non si tratta di un obbligo legale o costituzionale, ma di una tradizione politica non scritta che si è evoluta nel tempo. Nella maggior parte delle democrazie parlamentari o presidenziali, il governo è formato dal partito o dalla coalizione di partiti che ha ottenuto il maggior numero di seggi in parlamento alle elezioni. In questi sistemi, il governo è generalmente composto da membri dello stesso orientamento politico, di sinistra o di destra. In Svizzera, invece, la composizione del Consiglio federale, che è il governo svizzero, riflette la diversità del panorama politico. Ciò significa che i partiti di sinistra, destra e centro sono generalmente tutti rappresentati nel governo, indipendentemente dalla composizione del parlamento. Questo sistema di concordanza incoraggia il processo decisionale attraverso il consenso e la cooperazione tra i partiti, piuttosto che la contrapposizione frontale. Ha anche l'effetto di conferire alla Svizzera un certo grado di stabilità politica, in quanto i cambi di governo sono meno frequenti e meno radicali che altrove.
Il sistema della concordanza in Svizzera si differenzia dalle grandi coalizioni presenti in altri Paesi come la Germania e l'Austria. In questi Paesi, le grandi coalizioni sono generalmente il risultato di elezioni che non consentono a un singolo partito di ottenere la maggioranza. Sono quindi spesso temporanee e possono essere soggette a tensioni politiche. In Svizzera, invece, il sistema di concordanza assicura che il potere sia condiviso tra i principali partiti politici su base più permanente. Ciò significa che il governo è generalmente composto da membri di diversi partiti, riflettendo la diversità del panorama politico svizzero. L'obiettivo di questa condivisione del potere è quello di garantire un certo grado di stabilità politica e di incoraggiare il processo decisionale attraverso il consenso. Pertanto, a differenza di altri sistemi in cui il potere può oscillare da uno schieramento politico all'altro a seconda dei risultati elettorali, in Svizzera il potere è condiviso in modo più uniforme e coerente tra i principali partiti politici. Questo distingue il sistema politico svizzero da molti altri nel mondo.
La concordanza in Svizzera non è codificata nella legge. Si tratta piuttosto di una tradizione politica non scritta che si è sviluppata nel tempo. La concordanza, nota anche come "formula magica", mira a garantire una rappresentanza proporzionale dei principali partiti politici svizzeri nel governo. I partiti politici in Svizzera hanno adottato questo approccio di consenso, considerandolo un modo per mantenere la stabilità e promuovere la cooperazione tra le diverse forze politiche. Tuttavia, come lei ha detto, non esiste una norma istituzionale o giuridica che obblighi i partiti a seguire questa tradizione. In pratica, il sistema di concordanza significa che i partiti politici lavorano insieme per governare, piuttosto che essere divisi in una maggioranza di governo e un'opposizione. Ciò può contribuire a ridurre la polarizzazione e a incoraggiare il compromesso e il consenso nel processo decisionale. Tuttavia, va notato che questa tradizione di concordanza è stata anche criticata per il suo potenziale di diluire la responsabilità politica e indebolire il ruolo dell'opposizione.
Principio di condivisione del potere
Nella maggior parte degli altri Paesi, il potere esecutivo è detenuto da una sola persona (il presidente o il primo ministro), che può essere assistita da singoli ministri. In Svizzera, il potere esecutivo è esercitato collettivamente dal Consiglio federale, composto da sette membri. Ogni membro del Consiglio federale dirige un dipartimento dell'amministrazione federale, come un ministro. Tuttavia, le decisioni vengono prese collettivamente, il che significa che ogni Consigliere federale ha lo stesso potere degli altri.
L'idea alla base di questa struttura è quella di promuovere la collaborazione e il consenso. Invece di prendere decisioni unilaterali, il sistema svizzero incoraggia il dialogo e il compromesso. Questa è un'altra caratteristica che distingue il sistema svizzero dai sistemi presidenziali e parlamentari più tradizionali. Allo stesso tempo, il fatto che il potere sia condiviso tra sette persone può rendere il processo decisionale più complesso e lento. È anche più difficile attribuire la responsabilità delle decisioni a una singola persona o a un singolo partito. Inoltre, il fatto che il Consiglio federale sia composto da membri di diversi partiti, secondo la tradizione della concordanza, significa che i membri del governo possono avere punti di vista molto diversi su alcune questioni. Questo può talvolta complicare il processo decisionale e richiedere compromessi sostanziali.
Il sistema politico svizzero è caratterizzato da un sistema collegiale all'interno del Consiglio federale. I sette membri del Consiglio federale hanno pari status e potere e nessuno di loro può imporre la propria volontà agli altri. Le decisioni vengono prese a maggioranza e ogni membro del Consiglio ha il diritto di partecipare a tali decisioni, indipendentemente dalla natura della questione e dal fatto che rientri o meno nel suo dipartimento. Questo sistema collegiale si differenzia nettamente dai sistemi presidenziali, dove il potere è concentrato nelle mani del presidente, e dai sistemi parlamentari, dove il primo ministro ha generalmente più potere degli altri membri del governo.
In Svizzera, il Presidente della Confederazione è eletto tra i membri del Consiglio federale per un mandato di un anno, ma questa posizione è ampiamente simbolica e non conferisce alcun potere aggiuntivo al suo titolare. Il Presidente della Confederazione non è il capo di Stato nel senso usato in altri sistemi politici, ma piuttosto un "primus inter pares", cioè il primo tra pari. Questo sistema non gerarchico è stato concepito per incoraggiare il consenso e la collaborazione tra i diversi partiti politici rappresentati nel governo. Inoltre, riflette i valori di democrazia diretta e partecipazione che sono alla base del sistema politico svizzero.
La carica di Presidente della Confederazione è in gran parte simbolica. Il Presidente della Confederazione non ha più poteri dei suoi colleghi del Consiglio federale. Il ruolo del Presidente è principalmente quello di presiedere le riunioni del Consiglio federale e di rappresentare il Paese nelle cerimonie ufficiali, sia a livello nazionale che internazionale. La presidenza è a rotazione, il che significa che ogni anno un nuovo membro del Consiglio federale viene eletto a questa carica dai suoi pari. La selezione avviene generalmente in base all'anzianità di servizio: ogni Consigliere federale ha il diritto di accedere alla Presidenza dopo aver prestato servizio per un certo numero di anni nel Consiglio. Questo sistema garantisce che il potere rimanga equilibrato tra tutti i membri del governo, evitando la concentrazione del potere nelle mani di un singolo individuo. Ciò riflette l'approccio collegiale alla governance che è alla base del sistema politico svizzero, incoraggiando il consenso e la collaborazione tra i diversi partiti politici.
Il principio di collegialità è una caratteristica essenziale del sistema politico svizzero. È una regola non scritta che prevede che, una volta presa una decisione in seno al Consiglio federale, tutti i membri del governo siano obbligati a sostenerla pubblicamente, indipendentemente dal fatto che abbiano votato a favore o contro la decisione originaria. Ciò significa che anche se un consigliere federale non era d'accordo con una decisione al momento della sua adozione, è tenuto a difenderla davanti al Parlamento, ai media e all'opinione pubblica una volta che è stata formalmente adottata dal Consiglio. Questa regola serve a mantenere l'unità all'interno del governo e a rafforzare la legittimità delle decisioni prese dal Consiglio federale. Nella pratica, tuttavia, possono sorgere divergenze sull'applicazione rigorosa di questo principio di collegialità, soprattutto quando le questioni politiche sono particolarmente controverse o polarizzanti. I membri del Consiglio possono talvolta dissentire pubblicamente dalle decisioni prese, anche se ciò è generalmente considerato una deroga alla norma.
Il termine "sistema direttoriale" viene spesso utilizzato per descrivere il governo svizzero, soprattutto a causa della sua struttura collegiale e del modo in cui il potere è distribuito equamente tra i membri del Consiglio federale. L'ispirazione originale per questo sistema deriva dal Direttorio della Rivoluzione francese del 1791, in cui il potere esecutivo era condiviso tra cinque direttori. Tuttavia, mentre il Direttorio francese è stato di breve durata e alla fine instabile, il sistema direttoriale in Svizzera ha dimostrato la sua durata e stabilità sin dalla sua istituzione nel 1848, con oltre 170 anni di funzionamento fino ad oggi. Questo sistema ha mantenuto un equilibrio di poteri e ha assicurato che nessuna voce individuale sia più potente di un'altra nel governo, contribuendo a sostenere il sistema politico consensuale e stabile della Svizzera.
Implicazioni delle elezioni federali nel sistema svizzero
In un sistema parlamentare tradizionale, le elezioni generali hanno spesso un impatto diretto sulla composizione del governo, poiché il partito o la coalizione che ottiene la maggioranza in parlamento è solitamente invitato a formare il governo. Gli elettori hanno quindi un'influenza diretta sulla formazione del governo quando esprimono il loro voto alle elezioni parlamentari. Nel sistema svizzero, invece, non c'è questo legame diretto. Il Consiglio federale è eletto dall'Assemblea federale, non direttamente dal popolo, e la consuetudine della concordanza fa sì che i principali partiti politici siano generalmente rappresentati nel governo, indipendentemente dall'esito delle elezioni. Ciò non significa che le elezioni parlamentari siano poco importanti in Svizzera: esse determinano la composizione del Parlamento, che ha molte responsabilità importanti, tra cui l'elezione del Consiglio federale. Tuttavia, il legame diretto tra il voto degli elettori e la composizione del governo non è così forte come in altri sistemi parlamentari.
Il sistema di cooptazione tra i partiti politici in Svizzera ha creato una certa stabilità nella composizione del governo. La "formula magica" (Zauberformel), istituita nel 1959, è stata utilizzata per distribuire i sette seggi del Consiglio federale tra i quattro principali partiti politici del Paese. Questa formula è stata modificata una volta nel 2003, ma ha sostanzialmente mantenuto una composizione stabile del governo per molti anni, indipendentemente dai cambiamenti nell'equilibrio politico del potere dopo le elezioni parlamentari. Ciò conferisce alla Svizzera un carattere unico in termini di governance e di processo decisionale politico. Il consenso e la collaborazione tra i partiti politici sono favoriti rispetto alla competizione elettorale per la conquista della maggioranza. In questo modo, tutte le principali forze politiche del Paese sono rappresentate nel governo e hanno voce in capitolo nelle decisioni politiche, il che contribuisce a una notevole stabilità politica.
Nel sistema politico svizzero, le elezioni parlamentari non hanno un impatto diretto sulla composizione del governo, a differenza di molti altri sistemi politici in cui il partito o la coalizione di partiti con la maggioranza in parlamento generalmente forma il governo. In Svizzera, il governo, il Consiglio federale, è formato secondo un sistema di concordanza, con seggi assegnati ai principali partiti politici, e questa composizione rimane relativamente stabile indipendentemente dai risultati delle elezioni parlamentari. Ciò può contribuire a spiegare perché l'affluenza alle urne in Svizzera è relativamente bassa rispetto ad altri Paesi. Gli elettori potrebbero percepire che il loro voto ha un impatto limitato sulla composizione del governo e quindi, potenzialmente, sulla politica nazionale. Tuttavia, è importante notare che gli elettori svizzeri hanno anche molte altre opportunità di esprimere il proprio parere su questioni specifiche grazie al sistema di democrazia diretta del Paese, che consente di indire referendum su molte questioni.
Questo grafico mostra la composizione del Consiglio federale dal 1959.
La "formula magica" ("Zauberformel" in tedesco) è il termine usato per descrivere la tradizionale composizione del Consiglio federale svizzero dal 1959 al 2003. Questa formula garantiva un equilibrio di potere tra i principali partiti politici del Paese. La composizione era la seguente:
- Partito cristiano democratico (CVP): 2 seggi
- Partito Radicale Democratico (PLR), oggi Partito Liberale-Radicale (PLR): 2 seggi
- Partito socialista svizzero (PSS): 2 seggi
- Partito Popolare Svizzero (SVP): 1 seggio
Questa distribuzione rifletteva la rappresentanza proporzionale dei quattro principali partiti svizzeri nel Consiglio federale. Sebbene il governo svizzero sia un collegio senza gerarchia, vi era un certo grado di prevedibilità grazie alla "formula magica". Tuttavia, questa formula è stata stravolta nel 2003, quando l'SVP, che era diventato il partito con il maggior numero di voti, ha ottenuto un secondo seggio a scapito del CVP.
La "formula magica" rifletteva la relativa stabilità delle forze politiche in Svizzera durante questo periodo. Sebbene vi fossero variazioni nelle percentuali di voti ottenute da ciascun partito alle elezioni parlamentari, queste non erano generalmente abbastanza grandi da giustificare un cambiamento nella composizione del Consiglio federale. Detto questo, l'applicazione della "formula magica" non era semplicemente una questione di proporzionalità dei voti. Rifletteva anche la volontà politica di mantenere una certa stabilità e una rappresentanza equilibrata delle diverse forze politiche all'interno del governo. Questa stabilità ha permesso alla Svizzera di mantenere un sistema politico relativamente consensuale e stabile per gran parte della seconda metà del XX secolo. Tuttavia, come accennato in precedenza, la "formula magica" è stata modificata nel 2003, segnando un'evoluzione significativa nella politica svizzera.
Con un aumento significativo della sua rappresentanza parlamentare, il Partito Popolare Svizzero (SVP) ha acquisito un'importanza crescente nel panorama politico svizzero, diventando il più grande partito della Svizzera in termini di voti. Questa situazione ha portato a rivalutare la tradizionale "formula magica", che distribuiva i seggi in Consiglio federale tra i principali partiti politici. In quest'ottica, è sembrato logico assegnare all'SVP un secondo seggio per riflettere la sua nuova posizione di forza.
Nel 2003, Christoph Blocher, leader del Partito Popolare Svizzero (SVP), è entrato in governo. Questa nomina è stata un momento significativo nella storia politica svizzera, non solo perché ha rappresentato l'ascesa al potere dell'SVP, ma anche perché ha determinato un cambiamento nella "formula magica" che aveva prevalso per diversi decenni. Christoph Blocher era noto per il suo stile politico controverso e per il suo programma populista di destra, che ha portato alcuni osservatori a mettere in dubbio l'impatto del suo ingresso nel governo sulla tradizione di consenso della Svizzera. L'estromissione della consigliera federale Ruth Metzler-Arnold dal CVP, che non è stata rieletta, è stata un'altra pietra miliare, segnando la prima volta dal 1872 che un membro uscente del governo non è stato rieletto. Da allora, la composizione del Consiglio federale ha continuato a evolversi, riflettendo i cambiamenti del panorama politico svizzero.
I membri del Consiglio federale in Svizzera sono eletti per quattro anni dall'Assemblea federale, composta dal Consiglio nazionale e dal Consiglio degli Stati. Una volta in carica, non possono essere rimossi durante il loro mandato. Tuttavia, dopo quattro anni, l'Assemblea federale ha la facoltà di non rieleggere un membro del Consiglio federale per un ulteriore mandato. Si tratta di un evento molto raro nella storia politica svizzera, dato il principio di stabilità e consenso che prevale nel sistema politico del Paese. L'ultimo caso degno di nota di mancata rielezione risale al 2007, quando il consigliere federale Christoph Blocher dell'UDC non fu rieletto dall'Assemblea federale e fu sostituito da Eveline Widmer-Schlumpf.
Il mancato rinnovo del mandato di un consigliere federale in Svizzera è un evento raro che contrasta con la tradizione di stabilità e consenso del sistema politico elvetico. Nel 2003, l'elezione di Christoph Blocher al posto di Ruth Metzler-Arnold ha segnato una svolta nella storia politica svizzera. Era la prima volta dal 1897 che un Consigliere federale in carica non veniva rieletto. Questa tradizione non scritta di rielezione quasi automatica dei membri del Consiglio federale riflette l'importanza della stabilità e della continuità nel sistema politico svizzero. Ma questo caso dimostra anche che il Parlamento svizzero può decidere di non rieleggere un consigliere federale se lo ritiene nell'interesse del Paese.
Nel dicembre 2007, l'Assemblea federale ha deciso di non rieleggere Christoph Blocher in Consiglio federale. Con grande sorpresa, ha invece eletto un altro membro dell'SVP, Eveline Widmer-Schlumpf, molto meno controverso di Blocher. Questa decisione provocò una crisi all'interno dell'SVP. Il partito decise di escludere Widmer-Schlumpf e il suo partito cantonale dei Grigioni dalla SVP. In risposta, Widmer-Schlumpf e diversi altri membri della SVP fondarono un nuovo partito, il Partito Democratico Borghese (PBD). È interessante notare che, sebbene il Parlamento svizzero abbia la possibilità di non rieleggere un membro del Consiglio federale, si tratta di un evento piuttosto raro. I due casi di mancata rielezione di Christoph Blocher nel 2007 e di Ruth Metzler-Arnold nel 2003 sono gli unici dal 1943. Questo rispetto della tradizione della rielezione riflette il desiderio di stabilità e consenso del sistema politico svizzero.
Nel 2007, il Parlamento svizzero ha deciso di non rieleggere il controverso Christoph Blocher, ma ha scelto di mantenere due seggi per l'SVP, il più grande partito del Paese in termini di sostegno elettorale. Tuttavia, al posto di Blocher, il Parlamento ha scelto di eleggere Eveline Widmer-Schlumpf, una figura più moderata dell'SVP. Questa decisione provocò una crisi all'interno della SVP. Blocher e i suoi sostenitori considerarono la decisione un tradimento ed espulsero Widmer-Schlumpf e il suo partito cantonale dalla SVP. In risposta, Widmer-Schlumpf e molti altri membri moderati della SVP fondarono un nuovo partito, il Partito Democratico Borghese (PBD). Anche Samuel Schmid aderì a questo nuovo partito. Di conseguenza, sebbene il Parlamento volesse mantenere due seggi per la SVP, in pratica questi seggi furono occupati da membri di un nuovo partito. Questo episodio illustra sia la stabilità che l'evoluzione del sistema politico svizzero. Da un lato, il Parlamento ha mantenuto la tradizione di rappresentare i principali partiti nel Consiglio federale. Dall'altro, ha anche dimostrato di poter agire per evitare figure controverse e mantenere il consenso politico svizzero.
La decisione del Parlamento di eleggere Eveline Widmer-Schlumpf al posto di Christoph Blocher è stata vista dalla leadership dell'UDC come un tradimento. L'SVP decise quindi di escludere Widmer-Schlumpf e Samuel Schmid, l'altro membro dell'SVP in Consiglio federale, dal partito. Di conseguenza, sebbene vi fossero ufficialmente due membri dell'SVP nel Consiglio federale, essi non erano più riconosciuti come tali dal loro stesso partito. Questa situazione evidenziò le tensioni all'interno della SVP tra un'ala più radicale, guidata da Blocher, e un'ala più moderata, rappresentata da figure come Widmer-Schlumpf e Schmid. In seguito alla loro espulsione dall'SVP, questi ultimi hanno scelto di fondare un nuovo partito, il Partito borghese democratico (PBD), che è diventato una nuova forza politica in Svizzera. Questa situazione ha anche evidenziato l'importanza del consenso nel sistema politico svizzero. Sebbene il Parlamento volesse mantenere una rappresentanza proporzionale dei principali partiti nel Consiglio federale, ha anche cercato di evitare figure controverse che potessero turbare il consenso politico.
La decisione dell'Assemblea federale di non rieleggere Christoph Blocher è stata vista dall'SVP come un tentativo di emarginare il mainstream politico del partito, fortemente influenzato dalle posizioni di Blocher. L'SVP era caratterizzata da una retorica fortemente nazionalista, anti-immigrazione ed euroscettica, che contrastava con le tendenze più moderate e centriste della maggior parte degli altri partiti politici svizzeri. L'esclusione di Widmer-Schlumpf e Schmid, considerati più moderati, fu quindi vista come un affronto alla volontà democratica del partito e dei suoi elettori. Questa situazione portò alla creazione del Partito Borghese Democratico (PBD), una formazione politica più moderata, creata da Widmer-Schlumpf e da altri membri della SVP che erano stati espulsi o che non si sentivano più parte della linea dura del partito. Il PBD rappresentò quindi una nuova dinamica nel panorama politico svizzero, aggiungendo un nuovo elemento al già complesso sistema di governo consensuale della Svizzera.
L'SVP ha dichiarato di non considerarsi più parte del governo e per un certo periodo si è posizionato come partito di opposizione. Tuttavia, dopo la partenza di Samuel Schmid nel 2009 e la sua sostituzione con Ueli Maurer, un membro della corrente principale della SVP, il partito è rientrato ufficialmente nel governo. La creazione del Partito borghese democratico (PBD) nel 2008 è stata una conseguenza diretta di questi eventi. Il PBD è nato da una scissione all'interno dell'UDC, in seguito all'esclusione da parte di quest'ultima delle sezioni cantonali dei Grigioni e di Berna. Queste sezioni cantonali erano le sezioni di provenienza di Éveline Widmer-Schlumpf e Samuel Schmid, considerati troppo moderati per l'SVP. Il PBD è quindi una nuova formazione politica che si posiziona più al centro rispetto all'UDC, incarnando una corrente più moderata ed europeista.
L'SVP ha dichiarato di non considerarsi più parte del governo e si è posizionata per un certo periodo come partito di opposizione. Tuttavia, dopo la partenza di Samuel Schmid nel 2009 e la sua sostituzione con Ueli Maurer, un membro della corrente principale dell'SVP, il partito è rientrato ufficialmente nel governo. La creazione del Partito borghese democratico (PBD) nel 2008 è stata una conseguenza diretta di questi eventi. Il PBD è nato da una scissione all'interno dell'UDC, in seguito all'esclusione da parte di quest'ultima delle sezioni cantonali dei Grigioni e di Berna. Queste sezioni cantonali erano le sezioni di provenienza di Éveline Widmer-Schlumpf e Samuel Schmid, considerati troppo moderati per l'SVP. Il PBD è quindi una nuova formazione politica che si posiziona più al centro rispetto all'SVP, incarnando una corrente più moderata ed europeista.
La composizione del Consiglio federale in Svizzera è generalmente abbastanza stabile e i cambiamenti avvengono gradualmente, con solo uno o due seggi in gioco ad ogni rinnovo. Ciò è dovuto alla particolare struttura del sistema politico svizzero, che si basa su un governo di coalizione piuttosto che su un più tradizionale sistema bipartitico. In questo contesto, il principio della "competizione consensuale" governa il panorama politico, il che significa che i principali partiti politici si sforzano di lavorare insieme per governare piuttosto che competere per il potere. Inoltre, il Consiglio federale è eletto dal Parlamento, non direttamente dal popolo. Quindi, sebbene le elezioni parlamentari siano importanti, la loro influenza sulla composizione del Consiglio federale è indiretta e spesso limitata. Questo può spiegare perché l'affluenza alle elezioni parlamentari in Svizzera è relativamente bassa rispetto ad altri Paesi. I cittadini svizzeri potrebbero ritenere che il loro voto abbia un impatto minore sul panorama politico generale, in quanto il governo rimane sostanzialmente stabile indipendentemente dall'esito delle elezioni.
In Svizzera, la continuità e la stabilità sono caratteristiche fondamentali della governance politica, a causa della natura del suo sistema di governo. Il governo svizzero, in particolare il Consiglio federale, si basa su una coalizione di diversi partiti. Questo per garantire che diverse prospettive siano rappresentate nel governo, evitando così grandi cambiamenti radicali dopo le elezioni. Al contrario, nei sistemi politici più polarizzati, come nel Regno Unito o negli Stati Uniti, si assiste spesso a un'alternanza di governo tra partiti di sinistra e di destra. Questo può portare a cambiamenti politici più radicali e drammatici quando un partito prende il potere dopo le elezioni. Il sistema di coalizione in Svizzera favorisce quindi la moderazione, la stabilità e il consenso piuttosto che la polarizzazione. Tuttavia, può anche contribuire a una minore mobilitazione durante le elezioni parlamentari, poiché gli elettori percepiscono che il loro voto ha un impatto meno immediato sulla politica del Paese.
In Svizzera, il sistema di concordanza aritmetica mira a garantire che le forze politiche siano equamente rappresentate nel governo in base alla loro rappresentanza in parlamento. In altre parole, il numero di seggi che un partito detiene in Consiglio federale è generalmente proporzionale alla sua forza in Parlamento. Come risultato di questo sistema, la SVP, in quanto partito con il maggior numero di seggi in parlamento, ha rivendicato con successo un secondo seggio nel Consiglio federale. Questo è un buon esempio di come il sistema funzioni per garantire una rappresentanza proporzionale nel governo svizzero.
In Svizzera, la concordanza va ben oltre la semplice distribuzione proporzionale dei seggi al governo. È anche un principio di condotta politica. Un partito che entra in Consiglio federale è considerato un "partito di governo" e si impegna ad agire di conseguenza. Ciò significa partecipare in modo attivo e costruttivo alla conduzione degli affari di governo, sostenendo le decisioni prese collettivamente, anche quando non corrispondono completamente al proprio programma partitico. Questa è una delle caratteristiche distintive del sistema politico svizzero: la concordanza favorisce una cultura politica di consenso e di cooperazione tra i partiti di governo, piuttosto che di scontro e di opposizione come può avvenire in altri sistemi politici. L'obiettivo è garantire la stabilità politica e un processo decisionale più armonioso.
Il sistema della concordanza in Svizzera è stato messo alla prova negli ultimi anni, con l'emergere di posizioni politiche più polarizzate e meno concilianti. L'SVP e il PS sono due esempi di partiti che hanno spesso assunto posizioni opposte a quelle del governo, nonostante la loro partecipazione ad esso. Questo pone delle sfide al sistema di concordanza svizzero, che si basa sull'idea del consenso governativo. La crescente polarizzazione delle posizioni politiche, unita alla persistenza di una concordanza aritmetica, rende sempre più difficile mantenere questa tradizione di consenso e cooperazione governativa. Tuttavia, anche in questo contesto, la politica svizzera continua a essere caratterizzata da un grado di stabilità e prevedibilità relativamente elevato, soprattutto rispetto ad altri sistemi politici. Il futuro dirà se questo sistema sarà in grado di adattarsi ed evolversi di fronte alle nuove sfide.
La democrazia diretta
La democrazia diretta è una delle istituzioni di punta del sistema politico svizzero e anche una sua caratteristica distintiva. Gli strumenti della democrazia diretta in Svizzera, come l'iniziativa popolare e il referendum, conferiscono ai cittadini un ruolo importante nel processo legislativo. I cittadini hanno la possibilità di avviare iniziative legislative, proporre emendamenti costituzionali ed esprimere la loro opinione su una serie di importanti questioni politiche. Questo sistema di democrazia diretta conferisce ai cittadini un certo potere sulla politica nazionale, ben al di là di quanto avviene nella maggior parte delle altre democrazie. Le decisioni sono spesso prese con voto popolare, il che incoraggia la partecipazione attiva dei cittadini e il loro coinvolgimento diretto nella politica.
I ricercatori hanno stilato un inventario di tutte le votazioni popolari tenutesi in tutto il mondo a livello nazionale nel corso del XX secolo, e la metà di esse ha avuto luogo in Svizzera. In altre parole, il popolo svizzero ha votato in democrazia diretta a livello nazionale tante volte quante tutti gli altri Paesi messi insieme. In Svizzera, la democrazia diretta è una componente fondamentale del sistema politico, che conferisce al popolo un controllo significativo sulla legislazione e sulle modifiche costituzionali. Il principale strumento di democrazia diretta in Svizzera è il referendum, che può essere obbligatorio (per determinate questioni costituzionali) o facoltativo (quando un certo numero di cittadini firma una petizione per contestare una legge approvata dal Parlamento). Inoltre, l'iniziativa popolare consente ai cittadini di proporre emendamenti alla Costituzione, che vengono poi sottoposti a votazione nazionale.
Di conseguenza, in Svizzera è prassi comune tenere diversi referendum ogni anno su un'ampia gamma di argomenti, dalla politica fiscale alle questioni sociali e alle modifiche costituzionali. Ciò contrasta con molti altri Paesi in cui la democrazia diretta è molto meno diffusa e in cui la maggior parte delle decisioni politiche sono prese da rappresentanti eletti piuttosto che direttamente dal popolo. L'elevato numero di voti in Svizzera riflette quindi il suo sistema unico di democrazia diretta, che conferisce ai cittadini un ruolo più attivo nel processo politico rispetto alla maggior parte degli altri Paesi. Questo dà un'idea dell'importanza dello sviluppo della democrazia diretta in Svizzera.
La democrazia diretta è presente anche in alcune regioni degli Stati Uniti, in particolare in California. Questo sistema politico consente ai cittadini di proporre leggi (attraverso iniziative) o di chiedere un voto sulla legislazione esistente (attraverso referendum). La California è particolarmente nota per l'uso frequente di questi strumenti di democrazia diretta, che hanno avuto un impatto significativo sulla politica dello Stato. Tuttavia, è importante notare che, sebbene alcuni Stati americani utilizzino forme di democrazia diretta, non lo fanno nella stessa misura della Svizzera a livello nazionale. La Svizzera si differenzia perché la democrazia diretta è integrata in tutti i livelli del suo sistema politico, da quello comunale a quello nazionale. Inoltre, in Svizzera questi strumenti di democrazia diretta sono utilizzati per un'ampia gamma di questioni, dagli emendamenti costituzionali alle questioni politiche più generali. Questa è una caratteristica unica del sistema politico svizzero, che gli conferisce un ruolo di primo piano nell'uso della democrazia diretta.
La democrazia diretta in Svizzera consente ai cittadini di partecipare attivamente al processo legislativo e alla formulazione delle politiche pubbliche. Ciò avviene principalmente attraverso due meccanismi: le iniziative popolari e i referendum. L'iniziativa popolare consente ai cittadini di proporre una modifica della Costituzione. Se l'iniziativa raccoglie il numero di firme necessario (100.000 firme entro 18 mesi), viene sottoposta al voto del popolo e dei Cantoni. Il referendum può essere facoltativo o obbligatorio. Un referendum facoltativo può essere attivato dalla raccolta di 50.000 firme entro 100 giorni dalla pubblicazione di un atto legislativo. Il referendum obbligatorio riguarda alcune decisioni importanti, come la modifica della Costituzione o l'adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva o a comunità sovranazionali. Questa partecipazione attiva dei cittadini ha diverse conseguenze. In primo luogo, permette ai cittadini di essere maggiormente coinvolti nel processo decisionale politico. In secondo luogo, costringe i politici a tenere conto delle opinioni dei cittadini nella formulazione delle politiche. Inoltre, può contribuire a una maggiore trasparenza e responsabilità del governo.
L'iniziativa popolare, il referendum obbligatorio e il referendum facoltativo sono i tre principali strumenti di democrazia diretta a livello federale in Svizzera:
- Iniziativa popolare: come avete detto, questo meccanismo permette a un gruppo di cittadini di proporre una modifica della Costituzione. Se l'iniziativa raccoglie 100.000 firme entro 18 mesi, viene sottoposta a votazione popolare e deve essere approvata dalla maggioranza del popolo e dei Cantoni.
- In Svizzera, il referendum obbligatorio è una forma di votazione che si attiva quando vengono proposte modifiche alla Costituzione. Tali modifiche possono essere avviate dal governo o dal Parlamento. Una volta presentata una proposta di modifica della Costituzione, questa deve essere sottoposta a votazione popolare. Per essere adottata, la proposta deve ottenere l'approvazione di una doppia maggioranza, ovvero la maggioranza del popolo (più del 50% dei voti espressi nella votazione) e la maggioranza dei Cantoni (più della metà dei Cantoni svizzeri deve votare a favore della proposta). Ciò significa che i cittadini svizzeri hanno un ruolo diretto e attivo nel plasmare la costituzione del loro Paese, cosa piuttosto unica rispetto a molti altri Paesi in cui la costituzione può essere modificata solo da legislatori eletti o attraverso processi speciali che coinvolgono sia il governo che il parlamento.
- il referendum facoltativo si applica a qualsiasi legge approvata dal Parlamento. Questo tipo di referendum è uno strumento di democrazia diretta che consente ai cittadini di contestare le leggi approvate dal Parlamento. Se un gruppo di cittadini non è d'accordo con una legge approvata dal Parlamento, può formare un comitato referendario e, se riesce a raccogliere 50.000 firme a favore del referendum entro 100 giorni, la legge viene sottoposta a votazione popolare. A differenza del referendum obbligatorio, che richiede una doppia maggioranza (popolare e cantonale) per essere approvato, nel caso del referendum facoltativo è sufficiente la maggioranza semplice dei votanti per respingere la legge. Questo processo conferisce un grande potere ai cittadini svizzeri, che possono così esercitare un controllo diretto sull'operato del Parlamento. È un elemento chiave del sistema svizzero di democrazia diretta.
La Svizzera si distingue dal resto del mondo per il suo sistema altamente sviluppato di democrazia diretta. A differenza di molti altri Paesi, dove i cittadini partecipano solo indirettamente al processo decisionale attraverso l'elezione dei rappresentanti, in Svizzera il popolo ha la possibilità di partecipare direttamente al processo decisionale su questioni specifiche. Ciò avviene attraverso iniziative popolari e referendum, che consentono ai cittadini di proporre modifiche alla Costituzione (iniziative popolari) o di contestare le leggi approvate dal Parlamento (referendum). Questa capacità di codecisione conferisce ai cittadini svizzeri un ruolo più attivo e diretto nel processo legislativo rispetto alla maggior parte delle altre democrazie.
La Svizzera offre ai suoi cittadini un livello di impegno democratico che va ben oltre l'elezione dei rappresentanti politici alle elezioni politiche. Oltre a eleggere i propri rappresentanti al governo, i cittadini svizzeri hanno anche la possibilità di votare su una serie di questioni specifiche attraverso la democrazia diretta. Questa combinazione di democrazia rappresentativa e diretta è unica. Nella maggior parte degli altri Paesi, le elezioni nazionali sono il mezzo principale con cui i cittadini possono influenzare la direzione della politica del governo. Queste elezioni si svolgono generalmente ogni quattro o cinque anni e consentono ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti politici. Tuttavia, una volta eletti, i rappresentanti hanno generalmente un ampio margine di manovra per prendere decisioni politiche fino alle elezioni successive. In Svizzera, invece, i cittadini hanno un controllo molto più diretto su politiche specifiche attraverso la democrazia diretta. Attraverso iniziative popolari e referendum, i cittadini possono proporre o contestare leggi specifiche, esercitando un'influenza diretta sulla legislazione. Ciò significa che, oltre a scegliere i propri rappresentanti politici, i cittadini svizzeri hanno un ruolo diretto e attivo nella definizione delle politiche.
Che cosa significa?
La prima conseguenza è che la democrazia diretta è in concorrenza con le elezioni. In un sistema di democrazia diretta come quello svizzero, le elezioni non sono l'unico modo in cui i cittadini possono esprimere le loro opinioni su specifiche questioni politiche. Al contrario, i cittadini hanno molte opportunità di far sentire la propria voce attraverso iniziative e referendum. Ciò significa che le elezioni, pur essendo importanti, sono solo uno dei tanti meccanismi attraverso i quali i cittadini possono influenzare la politica. Questa pluralità di strumenti democratici dà ai cittadini una voce più forte e diretta nel governo. Può anche avere l'effetto di ridurre l'importanza delle elezioni come unico indicatore dell'opinione pubblica. In molti altri Paesi, le elezioni sono spesso viste come un referendum sulla performance del governo. In Svizzera, tuttavia, le prestazioni del governo possono essere valutate anche attraverso una serie di iniziative e referendum. Di conseguenza, la democrazia diretta in Svizzera offre un sistema molto più sfumato e flessibile per valutare e rispondere all'opinione pubblica rispetto ai Paesi che si affidano principalmente alle elezioni per misurare il sentimento pubblico.
In secondo luogo, e più concretamente, la democrazia diretta ha la conseguenza di aumentare il numero di voti popolari. La moltitudine di opportunità di voto in Svizzera, tra cui elezioni e varie forme di referendum, può ridurre la partecipazione alle elezioni parlamentari e di altro tipo. I cittadini possono sentirsi sopraffatti dalla frequenza delle votazioni o ritenere che il loro voto sia più efficace o rilevante quando è in gioco una questione specifica che li riguarda direttamente. Va inoltre notato che l'affluenza alle urne in Svizzera è generalmente inferiore a quella di molti altri Paesi democratici. Ciò può essere in parte dovuto al fatto che i cittadini svizzeri hanno molte opportunità di esprimersi politicamente, il che può rendere le singole elezioni meno cruciali. Tuttavia, anche se l'affluenza alle urne è relativamente bassa, ciò non significa necessariamente che i cittadini svizzeri siano meno impegnati politicamente. Potrebbero semplicemente scegliere di impegnarsi in modo più selettivo, partecipando alle votazioni che riguardano questioni che considerano particolarmente importanti.
La democrazia diretta della Svizzera offre ai cittadini un notevole controllo sulle decisioni politiche e legislative. Attraverso referendum e iniziative popolari, i cittadini hanno il potere di respingere o proporre leggi ed emendamenti costituzionali. Questo meccanismo può essere visto come una forma di "correzione" delle decisioni prese dal Parlamento e dalle altre autorità elette. Ciò significa che le elezioni non sono l'unico modo in cui i cittadini svizzeri possono influenzare la politica. Anche se viene eletto un partito o un candidato che non approvano, hanno comunque la possibilità di contestare leggi e decisioni politiche attraverso questi meccanismi di democrazia diretta. Tuttavia, anche se questo può ridurre l'importanza delle elezioni parlamentari, non significa che siano poco importanti. I parlamentari eletti hanno ancora un ruolo importante nel definire la legislazione e il processo decisionale a livello nazionale. Inoltre, i partiti politici sono spesso alla base di iniziative e referendum, per cui è importante che gli elettori sostengano i partiti che rappresentano le loro opinioni e i loro interessi.
Il federalismo
Il federalismo ha diverse forme di influenza sulle elezioni.
Il sistema federale svizzero dà origine a una legislatura bicamerale, composta da due camere distinte:
- Il Consiglio nazionale (Nationalrat/Conseil national): è la camera bassa del Parlamento svizzero. Viene spesso definita "camera del popolo" perché i suoi membri sono eletti direttamente dal popolo svizzero. La rappresentanza nel Consiglio nazionale è proporzionale alla popolazione di ciascun Cantone. Nel 2021, il Consiglio nazionale sarà composto da 200 membri.
- Il Consiglio degli Stati (Ständerat/Conseil des États): questa camera alta viene talvolta definita "camera dei cantoni". Ogni Cantone svizzero, indipendentemente dalle sue dimensioni o dalla sua popolazione, è rappresentato da due consiglieri di Stato (ad eccezione dei semicantoni, che hanno un solo rappresentante). Nel 2021, il Consiglio degli Stati avrà 46 membri.
Queste due camere formano l'Assemblea federale svizzera (Bundesversammlung/Assemblea federale). Entrambe sono coinvolte nel processo legislativo e devono concordare una versione identica di qualsiasi legge prima di poterla approvare. Questo sistema bicamerale è concepito per garantire un'equa rappresentanza sia della popolazione svizzera (attraverso il Consiglio nazionale) sia dei Cantoni svizzeri (attraverso il Consiglio degli Stati). Si tratta di una caratteristica fondamentale del sistema federale svizzero, che mira a bilanciare gli interessi delle varie parti della confederazione.
Il sistema bicamerale svizzero è considerato un esempio di bicameralismo "perfetto" o "simmetrico", in quanto le due camere del Parlamento - il Consiglio nazionale (camera bassa) e il Consiglio degli Stati (camera alta) - hanno lo stesso potere di legiferare e devono concordare lo stesso testo prima che una legge possa essere approvata. Questo sistema si contrappone al bicameralismo "imperfetto" o "asimmetrico", in cui una camera ha più potere o influenza dell'altra. Nel Regno Unito, ad esempio, la Camera dei Comuni ha molto più potere della Camera dei Lord. In Svizzera, se il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati non riescono a trovare un accordo sul testo di un progetto di legge, viene istituita una procedura di conciliazione. Viene quindi costituito un comitato di conciliazione, composto da membri di entrambe le Camere, per cercare di risolvere le divergenze. Se il comitato raggiunge un accordo, il testo di compromesso deve essere approvato da entrambe le Camere prima di diventare legge. Questo sistema garantisce che gli interessi di tutti i Cantoni e della popolazione svizzera nel suo complesso siano presi in considerazione nel processo legislativo, rafforzando così il principio federalista della Svizzera.
In Svizzera, il Consiglio nazionale (camera del popolo) e il Consiglio degli Stati (camera dei cantoni) hanno pari poteri nel processo legislativo. Tutti i progetti di legge, gli emendamenti costituzionali e i decreti federali devono essere approvati da entrambe le camere. Ciò significa che nessuna legge può essere approvata se entrambe le camere non sono d'accordo sullo stesso testo. Se non riescono ad accordarsi, viene istituito un comitato di conciliazione composto da membri di entrambe le camere per cercare di trovare un compromesso. Questo sistema di bicameralismo perfetto rafforza il principio federalista della Svizzera, garantendo che gli interessi di tutti i Cantoni e della popolazione nel suo complesso siano presi in considerazione nel processo legislativo.
Il Consiglio nazionale è la camera bassa del Parlamento svizzero ed è considerato la "camera del popolo" perché i suoi membri sono eletti direttamente dal popolo. Il Consiglio nazionale dispone di 200 seggi, distribuiti tra i Cantoni svizzeri in base alla loro popolazione. Maggiore è la popolazione di un cantone, maggiore è il numero dei seggi. Ad esempio, il Cantone di Zurigo, che è il più popoloso della Svizzera, ha il maggior numero di seggi, attualmente 35. Il Cantone di Ginevra, che è anche il più popoloso della Svizzera, ha il maggior numero di seggi. Il Cantone di Ginevra, anch'esso molto popoloso, ha 11 seggi. I cantoni meno popolosi, come Neuchâtel, hanno meno seggi. I cantoni più piccoli hanno un solo seggio. Questo sistema garantisce una rappresentanza proporzionale della popolazione svizzera nel Consiglio nazionale e permette a tutte le regioni del Paese di avere voce in capitolo nel processo legislativo.
Il Consiglio degli Stati è la camera alta del Parlamento svizzero e viene talvolta definito "camera dei cantoni". Il Consiglio degli Stati dispone di 46 seggi: ogni Cantone ha due rappresentanti e ogni semicantone ha un rappresentante. Ciò significa che ogni cantone, indipendentemente dalla sua popolazione, è rappresentato in egual misura nel Consiglio degli Stati. Questa distribuzione dei seggi garantisce che gli interessi di tutti i cantoni, grandi e piccoli, siano presi in considerazione nel processo legislativo. Tuttavia, questo sistema può portare a una sovrarappresentazione dei piccoli cantoni. Ad esempio, il Cantone di Zurigo, il più popoloso della Svizzera, ha solo due seggi al Consiglio degli Stati, mentre il Cantone di Appenzello Interno, uno dei cantoni più piccoli della Svizzera, ha anch'esso due seggi. Ciò significa che ogni rappresentante dell'Appenzello Interno rappresenta un numero di persone molto inferiore rispetto a quello di Zurigo. Questa sovrarappresentazione può avere implicazioni politiche, in quanto può dare ai cantoni più piccoli più potere nel processo legislativo.
Il sistema federale svizzero come lo conosciamo oggi è stato istituito dalla Costituzione federale del 1848. Prima di questa data, la Svizzera era una confederazione di cantoni indipendenti. Quando fu redatta la Costituzione federale, si dovette trovare un equilibrio tra gli interessi dei vari cantoni. Per bilanciare gli interessi dei cantoni più grandi e popolosi con quelli dei cantoni più piccoli, si decise che ogni cantone avrebbe avuto la stessa rappresentanza nella Camera alta del Parlamento, il Consiglio degli Stati, indipendentemente dalle sue dimensioni o dalla sua popolazione. In questo modo si intendeva proteggere gli interessi dei cantoni più piccoli, che in un sistema puramente proporzionale avrebbero potuto essere messi in ombra dai cantoni più grandi. Allo stesso tempo, la Camera bassa del Parlamento, il Consiglio nazionale, sarebbe stata basata sulla rappresentanza proporzionale, dando ai cantoni più popolosi una maggiore influenza. Questa struttura bicamerale mira a garantire che tutte le regioni della Svizzera abbiano voce nel processo legislativo e riflette il rispetto del Paese per il federalismo e la diversità regionale.
Il federalismo svizzero svolge un ruolo fondamentale nel sistema bicamerale del Paese. Questo sistema consente alle diverse regioni e cantoni della Svizzera di avere pari voce in capitolo negli affari nazionali, nel rispetto della loro autonomia e diversità. Il "bicameralismo perfetto" della Svizzera, in cui entrambe le camere hanno pari prerogative, è piuttosto unico. In molti altri Paesi con sistema bicamerale, la Camera alta e quella bassa non hanno lo stesso potere. Negli Stati Uniti, ad esempio, alcune questioni, come l'impeachment del Presidente, possono essere trattate solo dalla Camera dei Rappresentanti, mentre altre, come la ratifica dei trattati, possono essere trattate solo dal Senato. In Svizzera, invece, sia il Consiglio nazionale che il Consiglio degli Stati devono approvare gli emendamenti costituzionali, le leggi federali e i decreti federali, assicurando così che gli interessi dei vari Cantoni siano adeguatamente presi in considerazione. Ciò riflette l'impegno della Svizzera nei confronti del federalismo e la volontà di mantenere un equilibrio tra gli interessi dei diversi Cantoni.
La struttura politica svizzera è profondamente influenzata dal suo sistema di federalismo, che si riflette anche nell'organizzazione dei partiti politici. I partiti politici in Svizzera hanno spesso profonde radici cantonali e regionali, il che significa che la loro identità e la loro piattaforma politica possono variare notevolmente da cantone a cantone. Ad esempio, il Partito liberale radicale (FDP), il Partito cristiano democratico (CVP), il Partito popolare svizzero (SVP) e il Partito socialista svizzero (SPS) hanno tutti sedi cantonali con proprie strutture organizzative e programmi politici. Questi partiti possono avere posizioni e priorità politiche diverse nei vari cantoni, a seconda delle esigenze e delle preferenze specifiche della popolazione locale. Ciò può portare a una sostanziale diversità politica, non solo tra i diversi cantoni, ma anche all'interno degli stessi partiti politici. Inoltre, incoraggia la partecipazione politica locale e consente di adattare meglio le politiche alle esigenze specifiche delle diverse regioni della Svizzera. Questo illustra un altro modo in cui il federalismo influenza la politica svizzera, consentendo una diversità politica e una flessibilità che sarebbero meno possibili in un sistema più centralizzato.
La diversità politica tra i diversi Cantoni svizzeri ha un impatto significativo sul panorama politico nazionale. Ogni cantone ha una propria dinamica politica, che riflette le caratteristiche socio-economiche e culturali uniche della regione, nonché preferenze politiche distinte. Gli stessi partiti politici sono spesso organizzati su base cantonale, con una varietà di partiti rappresentati in ogni cantone. Questa diversità si traduce in un panorama politico nazionale frammentato, in quanto non esistono due cantoni con la stessa distribuzione delle forze politiche. Ciò significa che il panorama politico svizzero è caratterizzato da un'ampia varietà di partiti, che riflettono una vasta gamma di interessi e punti di vista. Ciò può rendere più complessa la formazione di governi di coalizione, in quanto può essere necessario negoziare tra un gran numero di partiti con interessi divergenti. Allo stesso tempo, però, significa che il sistema politico svizzero è in grado di rappresentare un'ampia varietà di interessi e punti di vista, il che può favorire l'inclusione politica e la legittimità democratica. Questa è una caratteristica fondamentale della natura consensuale della politica svizzera, dove le decisioni sono spesso prese attraverso un compromesso tra un'ampia gamma di partiti politici.
Il sistema politico svizzero, con il suo forte decentramento e federalismo, consente a una moltitudine di partiti locali di far sentire la propria voce a livello nazionale. I partiti che riescono a mobilitare un sostegno significativo in uno specifico Cantone possono ottenere una rappresentanza nel Consiglio nazionale, anche se non sono attivi o non hanno molto sostegno nel resto del Paese. Questa caratteristica del sistema politico svizzero aumenta la diversità delle voci e degli interessi rappresentati a livello nazionale. Consentendo ai partiti locali di essere presenti sulla scena politica nazionale, il sistema svizzero assicura una rappresentanza più completa e diversificata dei cittadini svizzeri. Ciò contribuisce alla capacità del sistema politico svizzero di riflettere e tenere conto di una varietà di opinioni e interessi. Tuttavia, può anche portare alla frammentazione del panorama politico, rendendo più difficile la formazione di maggioranze stabili. I partiti devono spesso formare coalizioni per governare, il che richiede compromessi e negoziati tra partiti con punti di vista talvolta molto diversi. Tuttavia, ciò è insito nella natura della democrazia diretta e del federalismo svizzero, che valorizzano la rappresentanza e l'espressione di punti di vista diversi.
La struttura federale della Svizzera consente ai partiti locali forti di ottenere una rappresentanza a livello nazionale, anche se hanno una presenza significativa solo in un cantone. Ciò riflette l'impegno del sistema politico svizzero a garantire una rappresentanza diversificata e a tenere conto delle diverse voci locali a livello nazionale. Un esempio è il Mouvement Citoyens Genevois (MCG). Il MCG è un partito politico ginevrino fondato nel 2005. Sebbene sia attivo principalmente a Ginevra, l'MCG è riuscito a ottenere un seggio nel Consiglio nazionale, che gli consente di rappresentare gli interessi di Ginevra a livello nazionale. La Lega dei Ticinesi, attiva solo nel Canton Ticino, è un altro esempio di partito locale che è riuscito ad affermarsi a livello nazionale. Fondata nel 1991, la Lega dei Ticinesi è riuscita a conquistare seggi anche nel Parlamento federale, permettendo al Ticino di essere rappresentato a Berna. Un terzo esempio è l'Unione Democratica Federale (UDF), un partito politico svizzero conservatore con una presenza significativa solo in alcuni cantoni di lingua tedesca. Fondata nel 1975, l'UDF è rappresentata anche nel Parlamento federale di Berna, sottolineando ancora una volta la diversità delle voci rappresentate a livello nazionale. Infine, anche il Parti Évangélique (PEV), un partito politico svizzero di ispirazione cristiana, ha dei seggi a Berna. Sebbene sia attivo principalmente nei cantoni di lingua tedesca, il PEV è rappresentato a livello nazionale, a testimonianza della volontà del sistema politico svizzero di dare voce a una varietà di opinioni e valori. Questi partiti dimostrano come il sistema politico svizzero valorizzi gli interessi locali e regionali e ne garantisca la rappresentanza a livello nazionale. La capacità di questi partiti di ottenere una rappresentanza nazionale dipende, tuttavia, dalla loro capacità di mobilitare un sostegno significativo nei rispettivi Cantoni.
In Svizzera, la struttura federale del Paese ha svolto un ruolo significativo nello sviluppo del panorama politico. Storicamente, i partiti politici nazionali sono nati dall'unificazione di vari partiti cantonali, che hanno poi esteso la loro influenza in tutto il Paese. Ancora oggi, alcuni di questi partiti nazionali sono largamente influenzati dalle loro sezioni cantonali, riflettendo la diversità e la complessità del panorama politico svizzero. Tuttavia, la natura federale della politica svizzera ha una conseguenza importante: può indebolire la coerenza interna dei partiti politici. La diversità di interessi e preoccupazioni politiche tra i cantoni può rendere difficile per un partito adottare una linea uniforme su una serie di questioni. Ogni sezione cantonale può avere le proprie priorità, che riflettono le specificità della regione che rappresenta. Questo può portare a differenze di opinione e di politica all'interno dello stesso partito, rendendo più difficile il mantenimento della coesione interna. Di conseguenza, i partiti politici svizzeri possono talvolta apparire meno uniti e meno organizzati rispetto ai loro omologhi dei Paesi con una struttura politica più centralizzata. Questo ha l'effetto di ridurre la coerenza interna dei partiti politici.
La diversità dei contesti politici regionali in Svizzera ha un impatto significativo sulla natura e sul posizionamento dei partiti politici nel Paese. Un esempio lampante è il Partito Democratico Cristiano (CVP). In Vallese, il CVP è un partito maggioritario, persino egemone, che tende ad allinearsi a posizioni di destra. È un partito trasversale che domina ampiamente la scena politica regionale. A Ginevra, invece, il PDC è un partito minoritario, con solo il 12-13% dell'elettorato. È più centrista e si posiziona più vicino al Partito socialista vallesano che al PDC vallesano. Quindi, pur trattandosi dello stesso partito, il contesto politico e storico specifico di ogni cantone influenza fortemente la sua posizione e il suo ruolo nel panorama politico. Questa eterogeneità si riflette poi a livello nazionale, dove esiste un'ampia varietà di partiti e posizioni politiche. Questa diversità è una caratteristica fondamentale del sistema politico svizzero, che è fortemente influenzato dalla sua struttura federale e dalla diversità dei contesti regionali nel Paese.
In Svizzera, la divisione delle circoscrizioni elettorali segue la struttura federale del Paese, il che significa che ogni Cantone rappresenta una circoscrizione elettorale. Le elezioni si svolgono quindi a livello cantonale, con regole e sistemi elettorali propri, e i risultati di queste elezioni cantonali contribuiscono a delineare il panorama politico a livello nazionale. Questa struttura riflette l'importanza del federalismo in Svizzera, dove ogni Cantone ha una grande autonomia e svolge un ruolo importante nella politica nazionale. In Svizzera, le elezioni federali sono decise non solo da questioni politiche nazionali, ma anche da questioni specifiche di ciascun Cantone. Ciò è dovuto alla natura federale della Svizzera, dove ogni cantone ha un certo grado di autonomia e può avere preoccupazioni diverse dagli altri cantoni. In un'elezione, quindi, un partito politico non deve solo presentare posizioni su questioni nazionali, ma anche tenere conto dei problemi specifici di ogni cantone in cui si presenta. Ciò può portare a una situazione in cui le campagne elettorali possono differire da cantone a cantone, anche per lo stesso partito. Questo approccio elettorale riflette la natura complessa e diversificata della Svizzera, dove le preoccupazioni locali hanno un impatto significativo sulla politica nazionale. Di conseguenza, le elezioni in Svizzera sono spesso una combinazione di questioni nazionali e locali.
Il sistema federale svizzero concede ai Cantoni una grande autonomia, il che significa che anche le elezioni federali sono fortemente influenzate dalle questioni locali. Questo sistema politico consente una grande diversità di opinioni e posizioni politiche, che si riflette nella composizione del Parlamento federale. Ogni cantone ha le sue peculiarità e i suoi problemi, e queste questioni locali possono avere un impatto significativo sull'esito delle elezioni federali. Come lei ha detto, questo significa che le elezioni federali in Svizzera possono essere viste come una serie di elezioni cantonali simultanee. Questo può essere diverso da quello che vediamo in altri Paesi, dove le elezioni nazionali si concentrano maggiormente su questioni nazionali o federali. In Svizzera, la politica locale ha un'influenza diretta sulla politica nazionale, dando voce ai cittadini su questioni specifiche della loro regione. Ciò rende la Svizzera un interessante caso di studio per gli scienziati politici e i ricercatori interessati all'impatto del federalismo sulla politica.
La divisione federalista dei distretti elettorali in Svizzera significa che, per guadagnare terreno a livello nazionale, un partito politico deve essere in grado di fare progressi in diversi cantoni contemporaneamente. Questa configurazione incoraggia i partiti a sviluppare strategie che tengano conto della diversità di interessi e preoccupazioni nei diversi cantoni. Pertanto, un partito che ottiene guadagni significativi in alcuni cantoni ma non in altri potrebbe non vedere un aumento significativo della propria rappresentanza a livello federale. Le perdite o la stagnazione in alcuni cantoni possono compensare i guadagni altrove. Ciò ha importanti implicazioni per il modo in cui i partiti politici svizzeri conducono le loro campagne elettorali. Essi devono essere in grado di rispondere a specifiche preoccupazioni locali, presentando al contempo una piattaforma politica di portata nazionale. Questa può essere una sfida particolare per i partiti più piccoli o più recenti che cercano di affermarsi a livello nazionale.
Il Partito Popolare Svizzero (SVP), un partito populista e nazionalista di destra, ha avuto un'ascesa spettacolare in Svizzera negli ultimi due decenni. Questo successo è notevole se si considera il sistema federalista svizzero e la necessità di progredire contemporaneamente in molti cantoni per ottenere un aumento significativo della rappresentanza a livello federale. L'SVP è riuscita ad adattarsi a questo sistema complesso e a compiere progressi sostanziali in tutti i cantoni svizzeri. Ciò dimostra l'efficacia della sua strategia politica e delle sue campagne elettorali, che le hanno permesso di raggiungere un'ampia fascia di elettori in tutto il Paese. L'ascesa dell'SVP ha avuto un impatto significativo sul panorama politico svizzero. L'SVP è diventata un attore politico di primo piano nel Paese, influenzando i dibattiti nazionali su temi chiave come l'immigrazione, la sovranità nazionale e l'Unione Europea.
Le elezioni federali in Svizzera sono spesso considerate come una serie di elezioni cantonali. Questo perché ogni cantone funziona come una circoscrizione elettorale, dando alle questioni locali un peso significativo nelle elezioni nazionali. Tuttavia, i cantoni godono di grande autonomia e hanno i propri governi e legislature. Hanno anche una grande influenza sulle questioni politiche, economiche e sociali, che possono variare da cantone a cantone. Di conseguenza, i partiti politici svizzeri devono spesso attuare programmi politici diversi in tutto il Paese e adattarsi agli specifici contesti locali per attirare gli elettori.
La nazionalizzazione delle elezioni e del sistema dei partiti politici in Svizzera è un fenomeno che ha preso piede negli ultimi decenni. Nonostante il ruolo primordiale dei Cantoni e delle questioni locali, le questioni nazionali e le principali tendenze politiche a livello nazionale hanno acquisito importanza. Il sistema dei partiti politici svizzeri, pur essendo ancora fortemente influenzato dalle peculiarità cantonali, si è strutturato su una scala più ampia. I partiti nazionali sono più organizzati e coerenti di un tempo. I temi di politica nazionale come l'immigrazione, l'ambiente, l'economia e la politica estera giocano un ruolo sempre più decisivo nelle elezioni.
Il Partito Popolare Svizzero (SVP) ha svolto un ruolo importante nella nazionalizzazione del sistema politico svizzero. La sua ascesa al potere in tutto il Paese ha contribuito a unificare il panorama politico svizzero su scala più ampia. Prima dell'ascesa dell'SVP, la politica svizzera era fortemente decentralizzata e ogni cantone aveva le proprie dinamiche politiche. Tuttavia, la crescente popolarità dell'SVP ha cambiato le cose. Conquistando una posizione in tutti i cantoni, anche in quelli in cui prima era debole o inesistente, l'SVP ha contribuito a creare un dibattito politico più uniforme in tutto il Paese. Questa nazionalizzazione del sistema politico svizzero ha anche contribuito a rendere le elezioni più nazionali. I cittadini svizzeri si concentrano sempre più sulle questioni nazionali piuttosto che su quelle cantonali durante le elezioni. Sebbene l'SVP abbia contribuito alla nazionalizzazione della politica svizzera, il federalismo rimane un elemento chiave del sistema politico svizzero e le differenze cantonali continuano a svolgere un ruolo importante nella politica svizzera.
Le Système Électoral
Nous débutons avec quelques éléments de définition, notamment nous demander ce qu’est le système électoral et quels sont les effets attendus d’un système électoral.
Le système électoral, ou mode de scrutin, est un ensemble de règles qui régissent le processus de conversion des votes en sièges au sein d'une assemblée législative ou autre organisme de représentation. Il définit la façon dont les votes sont comptés et répartis pour déterminer quels candidats ou partis politiques obtiennent des sièges. Ces systèmes peuvent varier considérablement d'un pays à l'autre, et même au sein d'un même pays pour différents niveaux ou types d'élections. En fonction du système électoral utilisé, des résultats électoraux très différents peuvent découler des mêmes votes. Le mode de scrutin utilisé peut avoir un impact significatif sur le paysage politique d'une nation. Par exemple, un système de vote proportionnel peut encourager une grande diversité de partis politiques, tandis qu'un système majoritaire à un tour ou à deux tours peut favoriser l'émergence de deux grands partis.
Définitions Clés
Il y a deux grands types de systèmes électoraux qui sont le système majoritaire et le système proportionnel.
Le système majoritaire, comme son nom l’indique, ce système utilise la règle de la majorité comme critère afin de convertir les voies en sièges. Dans ce système, le candidat ou le parti qui obtient le plus grand nombre de voix dans une circonscription se voit attribuer le siège ou les sièges disponibles dans cette circonscription. Il s'agit d'un système "winner-takes-all" (le vainqueur rafle tout), où seul le candidat ou le parti qui obtient le plus de voix est représenté, même si leur part du vote total est inférieure à 50%. Par conséquent, le système majoritaire peut donner une représentation disproportionnée aux partis politiques qui obtiennent le plus de voix, tandis que les partis plus petits ou moins populaires peuvent se retrouver sous-représentés ou même pas du tout représentés. Ce système est souvent critiqué pour cette raison, car il peut être moins représentatif de la diversité des opinions politiques dans une population. Cependant, il est souvent utilisé parce qu'il est simple à comprendre et qu'il tend à produire des gouvernements stables avec une majorité claire. Dans un système majoritaire à deux tours, si aucun candidat n'obtient une majorité absolue (plus de 50% des voix) au premier tour, un second tour est organisé entre les deux candidats qui ont obtenu le plus de voix au premier tour. Ce système est utilisé dans de nombreux pays, dont la France pour les élections présidentielles.
Le système majoritaire, en donnant tous les sièges à la majorité, a pour but d'assurer une stabilité gouvernementale. Les gouvernements formés sous ce système ont généralement une majorité claire qui leur permet de mettre en œuvre leur programme sans être entravés par des coalitions hétérogènes ou des minorités d'opposition. C'est l'un des principaux avantages du système majoritaire : il tend à produire des gouvernements forts qui peuvent prendre des décisions et agir de manière efficace. Cependant, comme mentionné précédemment, cet avantage s'accompagne de l'inconvénient de sous-représenter ou de ne pas représenter du tout les petits partis et les minorités politiques. En d'autres termes, alors que le système majoritaire favorise la gouvernabilité et la stabilité, il peut également conduire à une représentation politique moins diversifiée et moins proportionnelle. C'est un compromis qui est souvent débattu dans les discussions sur le design des systèmes électoraux.
L’autre type de système est le système proportionnel, comme son nom l’indique également, ce système distribue les sièges plus ou moins proportionnellement au suffrage exprimé. Dans un système de représentation proportionnelle, les sièges sont distribués en proportion du nombre de votes que chaque parti a obtenus. Ainsi, si un parti obtient 30% des voix, il devrait obtenir environ 30% des sièges. L'avantage principal de ce système est qu'il offre une meilleure représentativité de la diversité des opinions politiques parmi les électeurs. Les petits partis qui pourraient être exclus dans un système majoritaire ont une chance d'obtenir des sièges et de participer au processus législatif. Ce système a pour but de refléter aussi précisément que possible la diversité des opinions politiques au sein de l'électorat. Il permet à une plus grande variété de partis, y compris les plus petits, d'avoir une représentation au sein du gouvernement. Cela signifie également que les résultats électoraux sont moins susceptibles d'être dominés par un ou deux grands partis, comme cela peut être le cas dans un système majoritaire.
Le système majoritaire est une méthode de vote qui vise à dégager une majorité claire et forte. Dans ce système, le parti ou la coalition qui obtient le plus de votes gagne la majorité des sièges. Cela a tendance à privilégier les partis plus importants, ceux qui ont une présence significative et peuvent obtenir une majorité de votes. Par conséquent, ce système peut conduire à une surreprésentation des partis majoritaires, offrant ainsi la possibilité de gouverner avec une majorité plus homogène. D'autre part, le système proportionnel a une approche différente. Comme son nom l'indique, ce système vise à distribuer les sièges de manière proportionnelle aux suffrages exprimés par les électeurs. L'objectif est de garantir une représentation aussi fidèle que possible des voix exprimées par les citoyens lors du vote.
Dans le système proportionnel, les sièges sont distribués en fonction du rapport de forces électoral manifesté lors du scrutin. Cela signifie que la distribution des sièges tente de refléter la part des votes obtenus par chaque parti. Par conséquent, contrairement au système majoritaire, le système proportionnel tend à donner une représentation plus équilibrée, même aux petits partis, reflétant plus précisément la diversité des préférences politiques au sein de l'électorat. En résumé, tandis que le système majoritaire se concentre sur le critère de majorité pour allouer les sièges, favorisant un ou quelques partis, le système proportionnel vise à distribuer les sièges de manière proportionnelle à la force électorale de chaque parti, telle qu'elle s'est exprimée lors du vote. Chacun de ces systèmes a ses propres avantages et inconvénients, et le choix entre les deux dépend largement des préférences et des circonstances politiques spécifiques d'un pays.
La Loi de Duverger
La loi de Duverger, formulée par le politologue français Maurice Duverger en 1951 dans son livre "Les Partis politiques", est une théorie influente en science politique. Elle postule que le système électoral d'un pays a une influence majeure sur son paysage politique, en particulier sur le nombre de partis politiques.
Selon Duverger, un système électoral majoritaire tend à produire un système politique bipartite. En d'autres termes, il favorise l'émergence de deux grands partis politiques dominants. Cela est dû au fait que dans un système majoritaire, les partis minoritaires ont peu de chances de gagner des sièges, ce qui incite les électeurs à voter pour les partis plus grands et plus viables, créant une dynamique de "vote utile". À l'inverse, Duverger a soutenu qu'un système électoral proportionnel favorise un système politique multipartite. Puisque ce système permet une représentation plus équitable des votes, il donne aux petits partis une chance raisonnable d'obtenir des sièges, ce qui encourage une plus grande diversité de partis politiques.
La loi de Duverger établit un lien direct entre le système électoral adopté dans un pays ou une région et la configuration du paysage politique qui en découle. La loi est assez simple :
- Un système électoral proportionnel encourage le multipartisme. Cela signifie que plusieurs partis se partagent les sièges au parlement, reflétant plus fidèlement la répartition des voix lors des élections.
- Un système électoral majoritaire, quant à lui, favorise les grands partis, voire le bipartisme. Il offre donc un avantage considérable à quelques grands partis. Selon le type de règle majoritaire appliquée, cela peut même conduire à un système bipartite, dans lequel seuls deux partis dominent le paysage politique.
La loi de Duverger suggère donc que le choix du système électoral peut avoir un impact profond sur la composition et la dynamique du paysage politique.
La loi de Duverger stipule que deux mécanismes spécifiques sont à l'œuvre dans un système électoral majoritaire pour favoriser l'émergence de quelques grands partis, voire même un système bipartite : un effet mécanique et un effet psychologique.
- L'effet mécanique : Cet effet fait référence à la façon dont le système électoral majoritaire traduit les votes en sièges. Dans un tel système, le parti qui obtient le plus de votes dans une circonscription remporte le siège, peu importe si ce parti n'a obtenu que 30% des votes par exemple. Tous les votes pour les autres partis sont essentiellement "perdus". En conséquence, ce système tend à sur-représenter les partis qui ont le plus de voix et à sous-représenter les partis plus petits.
- L'effet psychologique : Cet effet se réfère à la façon dont les électeurs anticipent l'effet mécanique et modifient leurs comportements de vote en conséquence. Les électeurs sont susceptibles de voter stratégiquement pour un des grands partis plutôt que de "gaspiller" leur vote sur un petit parti qui a peu de chances de gagner un siège. De cette façon, le système électoral majoritaire encourage un paysage politique dominé par quelques grands partis.
L'effet mécanique concerne la manière dont les votes sont transformés en sièges. Avec un système majoritaire, il existe un seuil relativement élevé à atteindre pour obtenir un siège. Autrement dit, le système met en place une barrière considérable qu'un parti doit franchir pour obtenir des représentants. Le cas le plus extrême serait un système à majorité absolue, où un parti doit obtenir plus de 50% des votes pour remporter un siège. Dans un tel contexte, les grands partis sont avantagés, car seuls ces partis ont la capacité de rassembler suffisamment de votes pour franchir ce seuil majoritaire.
Un système majoritaire tend à favoriser les grands partis en raison de la barrière élevée pour obtenir des sièges. Ce système donne donc une représentation supérieure aux partis qui ont une base de soutien plus large, tandis que les petits partis, qui peuvent avoir du mal à franchir ce seuil, sont souvent sous-représentés. Cette surreprésentation des grands partis et sous-représentation des petits est une conséquence directe du "mécanisme" inhérent au système majoritaire.
Le système "winner takes all" ou "le vainqueur remporte tout" est une caractéristique du système majoritaire. Dans ce système, le parti qui obtient le plus grand nombre de votes dans une circonscription remporte tous les sièges de cette circonscription. Ainsi, même une petite avance en termes de votes peut entraîner une grande différence en termes de sièges. Cette mécanique favorise les partis majeurs qui ont une base de soutien étendue, permettant à ces partis de remporter une majorité des sièges même s'ils ne gagnent pas une majorité des votes. Cela conduit à une surreprésentation des grands partis au détriment des petits partis, qui peuvent obtenir un pourcentage significatif des votes, mais pas suffisamment pour gagner dans des circonscriptions individuelles. Ainsi, ces petits partis se retrouvent souvent sous-représentés par rapport à leur part réelle du vote populaire.
Dans un système électoral majoritaire, les voix pour les petits partis sont souvent "perdues" car ces partis ne peuvent pas atteindre le seuil majoritaire nécessaire pour obtenir des sièges. Cela se produit parce que, dans ce système, les sièges sont attribués au parti ou aux candidats qui ont obtenu le plus grand nombre de voix dans une circonscription donnée, indépendamment du fait qu'ils aient ou non une majorité absolue. Si un petit parti n'est pas le plus populaire dans une circonscription donnée, alors toutes les voix qu'il a reçues dans cette circonscription ne se traduiront pas par des sièges. Par conséquent, ces voix sont effectivement "perdues". Ce phénomène est parfois appelé "le gaspillage de voix", car les voix pour les candidats ou partis non gagnants n'ont pas d'effet sur l'attribution finale des sièges. C’est le premier effet mécanique qui concerne donc comment traduit-on les voies en sièges.
L'effet psychologique découle directement de l'effet mécanique. Les électeurs et les partis politiques anticipent le fonctionnement du système majoritaire et modifient leur comportement en conséquence. Du côté des partis politiques, ceux qui sont plus petits peuvent choisir de ne pas se présenter dans certaines circonscriptions s'ils estiment qu'ils n'ont aucune chance de gagner contre des partis plus importants. Au lieu de cela, ils pourraient choisir de concentrer leurs ressources dans des régions où ils ont une chance plus réaliste de remporter des sièges. Du côté des électeurs, certains peuvent hésiter à voter pour un petit parti s'ils pensent que cela équivaut à "gaspiller" leur vote, car ce parti a peu de chances de remporter des sièges dans un système majoritaire. Ainsi, ils peuvent se sentir contraints de voter pour un parti plus important, même si ce n'est pas leur premier choix. Ce phénomène est souvent appelé "vote stratégique" ou "vote utile". Dans les deux cas, l'effet psychologique contribue à renforcer la prédominance des grands partis dans un système majoritaire.
Les petits partis, anticipant leur faible probabilité de succès dans un système majoritaire, peuvent décider de ne pas se présenter pour économiser leurs ressources pour des batailles électorales où ils ont une meilleure chance de succès. Ce phénomène, connu sous le nom de désinhibition du parti, tend à réduire le nombre de partis en lice, renforçant ainsi la prédominance des grands partis. Le même raisonnement s'applique du côté des électeurs. Conscients que les petits partis ont peu de chances de gagner, ils peuvent décider de voter pour un grand parti plutôt que pour leur premier choix afin de maximiser l'impact de leur vote. Ce "vote utile" conduit également à une concentration des voix autour des grands partis. Ainsi, l'effet psychologique dans un système majoritaire tend à renforcer la surreprésentation des grands partis et à décourager la concurrence des petits partis, contribuant à un système de partis moins diversifié.
L'effet psychologique dissuade les petits partis de se présenter aux élections dans un système majoritaire car ils anticipent qu'ils auront peu de chances de succès. Cela peut conduire à une concentration du paysage politique autour de quelques grands partis, réduisant ainsi la diversité politique et limitant le choix des électeurs. Dans un tel contexte, le système majoritaire tend à favoriser la stabilité au détriment de la représentativité.
C'est l'effet de "vote utile" qui est couramment observé dans les systèmes majoritaires. Les électeurs ont tendance à voter pour les partis qui ont une chance réaliste de gagner, même si ces partis ne sont pas leurs premiers choix. Cela est dû à la crainte que leur vote soit "gaspillé" s'ils votent pour un petit parti qui a peu de chances de remporter un siège. Cette anticipation conduit souvent à un vote stratégique, où les électeurs choisissent de soutenir les grands partis au détriment des plus petits, amplifiant ainsi l'effet psychologique que vous avez mentionné. Cela renforce encore l'effet du système majoritaire, favorisant les grands partis et marginalisant les plus petits.
L'effet psychologique du vote stratégique ou du "vote utile" accentue la tendance du système majoritaire à favoriser les grands partis. Les électeurs, en anticipant que les petits partis ont peu de chances de remporter des sièges, ont tendance à voter pour les grands partis, même si ces derniers ne sont pas nécessairement leur premier choix. Ce comportement contribue à renforcer la position des grands partis dans le système politique, tout en marginalisant les plus petits. Par conséquent, dans un système électoral majoritaire, les partis politiques de taille moyenne ou petite ont des obstacles importants à surmonter pour gagner une représentation significative.
Bien que la loi de Duverger fournisse un cadre utile pour comprendre l'influence des systèmes électoraux sur la structuration du paysage politique, elle ne représente qu'un aspect parmi d'autres. Les cultures politiques, l'histoire, les conditions économiques, les structures sociales et les événements courants sont également des facteurs qui influencent le système politique et les résultats des élections. De plus, bien que la loi de Duverger établisse une relation générale entre les systèmes majoritaires et le bipartisme, ainsi qu'entre les systèmes proportionnels et le multipartisme, il existe de nombreuses exceptions à cette règle. Par exemple, certains pays avec un système majoritaire, comme le Canada et l'Inde, ont plusieurs partis politiques forts. D'un autre côté, des pays avec un système proportionnel, comme Israël et les Pays-Bas, ont un grand nombre de partis, parfois au point de rendre difficile la formation de gouvernements stables. Il est donc important de considérer la loi de Duverger comme un outil d'analyse, et non comme une règle absolue. Le système électoral est un élément clé de tout système politique, mais il ne doit pas être considéré isolément des autres facteurs qui influencent la dynamique politique d'un pays.
La Suisse utilise un système de représentation proportionnelle pour les élections au Conseil national (la chambre basse du parlement), ce qui signifie que les sièges sont attribués aux partis en proportion du nombre de voix qu'ils reçoivent. Ce système favorise un paysage politique diversifié avec de nombreux partis. Pour le Conseil des États (la chambre haute du parlement), cependant, la situation est un peu différente. Chaque canton suisse (à l'exception de six demi-cantons) envoie deux membres au Conseil des États, quel que soit le nombre de ses habitants. Dans la plupart des cantons, ces sièges sont attribués selon un système majoritaire, ce qui peut favoriser les partis plus grands et plus établis. La combinaison de ces deux systèmes - la représentation proportionnelle au Conseil national et le système majoritaire au Conseil des États - contribue à créer un paysage politique complexe et diversifié en Suisse. Il encourage la participation d'une variété de partis, tout en assurant une certaine stabilité grâce à la représentation des partis plus grands et plus établis au Conseil des États.
Autres Facteurs Influant sur la Proportionnalité dans un Système Électoral Proportionnel
Nous avons beaucoup parlé du système proportionnel. En règle générale, un système proportionnel favorise le multipartisme, mais après, dans la grande catégorie des systèmes proportionnels, il y a toute une série de variations et de critères qui font que le système est plus ou moins proportionnel.
Même si tous les systèmes de représentation proportionnelle visent à répartir les sièges parmi les partis politiques en fonction du pourcentage des votes qu'ils reçoivent, les modalités exactes peuvent varier grandement, et ces variations peuvent avoir un impact significatif sur les résultats. L'un des principaux facteurs qui déterminent la "proportionnalité" d'un système électoral est le seuil électoral. Un seuil électoral est le pourcentage minimum des voix qu'un parti doit obtenir pour être éligible à l'attribution de sièges. Par exemple, dans certains pays, un parti doit obtenir au moins 5% des voix pour recevoir des sièges. Des seuils plus élevés tendent à réduire la proportionnalité d'un système en excluant les petits partis. Un autre facteur est la taille des circonscriptions. Dans les systèmes de représentation proportionnelle, chaque circonscription élit plusieurs députés. Plus la circonscription est grande (c'est-à-dire plus elle a de sièges à pourvoir), plus le système sera proportionnel, car un plus grand nombre de sièges permet une répartition plus fine des voix. Enfin, les différentes méthodes de calcul utilisées pour attribuer les sièges peuvent également influencer la proportionnalité. Des méthodes comme celle d'Hondt ou celle de Sainte-Laguë/Schepers sont utilisées pour convertir les votes en sièges, et chacune a ses propres caractéristiques qui peuvent favoriser les grands partis ou aider les petits partis. Ainsi, bien que tous les systèmes de représentation proportionnelle visent à représenter fidèlement les préférences des électeurs, les détails exacts du système peuvent avoir un impact significatif sur la manière dont les sièges sont répartis.
Donc, quels sont les autres facteurs qui déterminent le degré de proportionnalité dans un système traditionnel ? Le nombre de sièges disponibles dans une assemblée législative peut affecter la proportionnalité du système électoral. Plus il y a de sièges, plus il est possible d'avoir une représentation proportionnelle exacte des voix obtenues par chaque parti. Si le nombre de sièges est très limité, il se peut que des partis ayant reçu un nombre significatif de votes ne soient pas représentés, ce qui réduit la proportionnalité du système. Prenons un exemple. Supposons que nous avons un parlement avec 5 sièges et cinq partis se présentent aux élections, chacun obtenant respectivement 20 %, 25 %, 15 %, 30 % et 10 % des voix. Dans ce cas, même si tous les partis ont obtenu une part significative des voix, tous ne pourront pas être représentés dans le parlement de 5 sièges. Ainsi, le système est moins proportionnel que s'il y avait plus de sièges disponibles. À l'inverse, si le même parlement avait 100 sièges, chaque parti pourrait être représenté proportionnellement à son pourcentage de votes. Le parti ayant obtenu 20 % des voix aurait 20 sièges, celui ayant obtenu 25 % des voix aurait 25 sièges, et ainsi de suite. Cela donne une représentation beaucoup plus proportionnelle des votes.
Une autre question est de savoir s’il y a un quorum légal qui est prévu ? Le seuil électoral est un autre facteur clé qui peut influencer la proportionnalité d'un système électoral. Il s'agit d'un pourcentage minimum de votes qu'un parti doit obtenir pour être éligible à la répartition des sièges. En instaurant un seuil électoral, on peut réduire la fragmentation du parlement et faciliter la formation d'un gouvernement stable. Cependant, cela peut également conduire à une représentation moins proportionnelle. Les partis qui obtiennent moins de votes que le seuil fixé sont exclus de la répartition des sièges, même s'ils ont reçu un soutien significatif de l'électorat. Prenons l'exemple d'un seuil électoral de 5%. Si un parti obtient 4,9% des votes, il ne se verra attribuer aucun siège, malgré le soutien d'une part notable de l'électorat. Ainsi, une partie des votes n'est pas représentée dans le parlement, ce qui rend le système moins proportionnel. C'est pourquoi le choix d'un seuil électoral est toujours une question d'équilibre entre la volonté d'assurer une représentation proportionnelle et la nécessité de maintenir un parlement et un gouvernement stables.
Le quorum naturel est le seuil minimum de voix qu'un parti doit obtenir pour être éligible à un siège, dans un système proportionnel sans seuil électoral fixe. Il est déterminé par le nombre total de voix et le nombre de sièges à pourvoir. La formule pour calculer le quorum naturel est la suivante : Quorum naturel = (Nombre total de voix) / (Nombre de sièges à pourvoir + 1). Ce quorum naturel détermine le nombre minimum de voix nécessaires pour obtenir un siège. Par exemple, si nous avons 1000 voix au total et 10 sièges à pourvoir, le quorum naturel serait de 1000 / (10 + 1) = 90,9. Donc, un parti aurait besoin d'au moins 91 voix pour obtenir un siège.
La magnitude de la circonscription (ou district magnitude) est une variable importante dans un système électoral proportionnel. Elle fait référence au nombre de sièges disponibles dans une circonscription donnée. Plus la magnitude de la circonscription est élevée, plus la répartition des sièges sera proportionnelle aux votes reçus par chaque parti. En effet, une circonscription avec un grand nombre de sièges permet une meilleure représentation de la diversité des opinions exprimées par les électeurs. Par exemple, dans une circonscription avec 10 sièges, même un parti qui obtient 10 % des votes pourra obtenir un siège, reflétant ainsi de manière plus précise la diversité des opinions parmi les électeurs. À l'inverse, une circonscription de faible magnitude tend à réduire le caractère proportionnel de l'élection. Par exemple, dans une circonscription avec seulement 2 sièges, il est probable que seuls les deux partis les plus populaires obtiendront un siège, ce qui laisse les petits partis et leurs électeurs sans représentation. La Suisse est un bon exemple de cette dynamique, car elle dispose de circonscriptions de diverses magnitudes, allant de 1 (pour les demi-cantons) à 35 (pour le canton de Zurich). Par conséquent, le caractère proportionnel de l'élection peut varier considérablement d'une circonscription à l'autre.
Dans le contexte d'un système de vote proportionnel, le terme "quorum naturel" désigne le pourcentage minimal de votes qu'un parti doit obtenir pour espérer remporter un siège dans une circonscription donnée. Ce quorum naturel est intrinsèquement lié à la "magnitude de la circonscription", c'est-à-dire au nombre de sièges disponibles dans une circonscription. Plus la magnitude est faible (c'est-à-dire, moins il y a de sièges disponibles), plus le quorum naturel est élevé. Si, comme dans votre exemple, il n'y a que cinq sièges disponibles, le quorum naturel serait d'environ 16%. Cela signifie qu'un parti doit recevoir au moins 16% des votes pour avoir une chance de remporter un siège. Cela peut effectivement créer un obstacle pour les petits partis, qui pourraient avoir du mal à atteindre ce quorum, malgré l'utilisation d'un système de vote proportionnel. Il est important de noter que le quorum naturel ne garantit pas un siège; il donne simplement une estimation du seuil minimum de votes qu'un parti doit atteindre pour avoir une chance de remporter un siège. En réalité, l'attribution des sièges dépend également d'autres facteurs, tels que la distribution exacte des votes entre les partis.
Les systèmes proportionnels avec un quorum légal élevé (un pourcentage de votes minimal qu'un parti doit obtenir pour pouvoir accéder aux sièges) et/ou des quorums naturels importants (résultant de circonscriptions de petite taille avec un nombre limité de sièges) peuvent se comporter davantage comme des systèmes majoritaires. Dans ces conditions, l'effet de la proportionnalité est atténué, car les partis plus petits ont plus de difficulté à atteindre le quorum nécessaire pour obtenir des sièges. Les grands partis sont donc avantagés, ce qui se rapproche plus du comportement d'un système majoritaire où les plus grands partis ont tendance à être surreprésentés. C'est pourquoi le choix du système électoral, et les détails spécifiques de ce système (nombre de sièges par circonscription, existence de quorums légaux, etc.) ont un impact considérable sur la représentation politique. Ceux-ci peuvent influencer la diversité des partis et des candidats élus, la représentation des minorités et la facilité avec laquelle un parti donné peut obtenir une majorité au pouvoir.
En augmentant le quorum (le seuil minimum de votes qu'un parti doit atteindre pour obtenir un siège), le système électoral se rapproche davantage d'un système majoritaire. Cette augmentation du quorum rend plus difficile pour les petits partis d'obtenir des sièges, favorisant ainsi les plus grands partis. Ainsi, même dans un système qui est en théorie proportionnel, le fait d'avoir un quorum élevé ou de petites circonscriptions avec un nombre limité de sièges peut conduire à des résultats qui ressemblent plus à un système majoritaire. Cela illustre combien les détails spécifiques d'un système électoral peuvent avoir un impact significatif sur le paysage politique. Par exemple, dans une circonscription où il n'y a que trois sièges à pourvoir, un parti doit obtenir au moins 25% des voix pour obtenir un siège (quorum naturel de 25%). Dans ces conditions, les partis plus petits, qui ont du mal à atteindre ce seuil, sont désavantagés, et le système tend à favoriser les partis plus importants.
Le système électoral en Suisse
En Suisse, le système électoral pour le Conseil national (la chambre basse du Parlement fédéral suisse) est principalement proportionnel. Le nombre de sièges attribués à chaque canton est déterminé par la taille de sa population. Cependant, pour les cantons avec une seule représentation, le système devient majoritaire, car le candidat avec le plus grand nombre de voix remporte le seul siège disponible. Ainsi, la Suisse est un bon exemple de la façon dont un système électoral peut incorporer à la fois des éléments proportionnels et majoritaires, selon les circonstances spécifiques. Ce mélange peut aider à équilibrer les besoins de représentation proportionnelle (afin d'assurer que diverses perspectives sont représentées) et de stabilité gouvernementale (en favorisant les partis plus grands qui sont plus susceptibles de former des gouvernements stables).
Dans les cantons qui ont droit à un seul siège au Conseil national en Suisse, le système est de facto majoritaire. Le candidat qui reçoit le plus grand nombre de votes remporte le seul siège disponible, peu importe la marge par laquelle il ou elle l'emporte. C'est ce que l'on entend par un système "majoritaire" : le gagnant prend tout, même s'il ne reçoit pas la majorité absolue des votes. Il s'agit d'une situation unique à la Suisse, où le système fédéral et le respect de la représentation des cantons dans le gouvernement national ont conduit à cette combinaison de systèmes électoraux majoritaires et proportionnels. Cette disposition garantit que même les plus petits cantons ont une représentation au Conseil national, tout en assurant une représentation proportionnelle dans les cantons plus grands. C'est une illustration de la manière dont les systèmes électoraux peuvent être adaptés pour répondre aux besoins spécifiques d'un pays ou d'une région.
La Suisse utilise un système proportionnel pour élire les membres du Conseil national dans tous les cantons qui ont plus d'un siège. Les sièges sont répartis proportionnellement au nombre de votes que chaque parti reçoit. Chaque canton est considéré comme une circonscription électorale pour les élections du Conseil national, et le nombre de sièges que chaque canton a au Conseil national est déterminé par sa population. Les cantons les plus peuplés ont plus de sièges que les cantons moins peuplés. En plus de cela, il est important de mentionner que la Suisse utilise un système électoral mixte pour le Conseil des États, la chambre haute du Parlement suisse. Chaque canton élit deux représentants au Conseil des États, à l'exception des demi-cantons qui élisent un représentant chacun. Le mode d'élection pour ces sièges varie en fonction du canton, certains utilisant un système majoritaire, tandis que d'autres utilisent un système proportionnel. En somme, la Suisse présente un bon exemple de système électoral complexe, qui combine à la fois des éléments de représentation proportionnelle et majoritaire, tout en prenant en compte les particularités régionales.
La Suisse, grâce à son système de représentation proportionnelle pour le Conseil national, permet une plus grande diversité de représentation politique. Cela signifie qu'un large éventail de partis, même ceux qui ont une base d'électeurs plus petite, a la possibilité d'obtenir des sièges. En particulier, dans les cantons plus grands avec un nombre plus élevé de sièges disponibles, la représentation est plus diverse. Les partis qui ne peuvent pas atteindre une majorité absolue ont toujours la possibilité de gagner des sièges. Cela encourage la diversité des points de vue représentés et favorise le multipartisme. En revanche, dans les cantons plus petits avec un nombre de sièges limité, le système peut se rapprocher plus d'un système majoritaire, avec les sièges étant généralement remportés par les plus grands partis. Le système de représentation proportionnelle de la Suisse permet une représentation équitable des diverses opinions politiques à travers le pays, favorisant ainsi le multipartisme.
Dans les petits cantons qui n'ont qu'un seul siège, le système électoral fonctionne sur une base majoritaire, ce qui tend à favoriser les plus grands partis. Étant donné qu'il n'y a qu'un seul siège disponible, la compétition est généralement limitée à quelques-uns des partis les plus importants dans ces cantons. Cela peut entraîner une offre électorale plus restreinte, car moins de partis ont la possibilité d'obtenir une représentation. Ce contexte encourage une compétition principalement entre les grands partis, conduisant à un système de gouvernance qui peut sembler plus restreint ou concentré par rapport aux cantons avec un système proportionnel et une plus grande diversité de représentation politique.
Dans les systèmes majoritaires, en particulier ceux avec un seul siège disponible, les partis politiques peuvent souvent augmenter leurs chances de succès en formant des coalitions ou des alliances avec d'autres partis. Dans un système majoritaire, la "stratégie du plus grand parti" est souvent la plus efficace pour remporter des élections. Par conséquent, les partis plus petits peuvent choisir de se regrouper pour augmenter leur influence. En unissant leurs forces, ils peuvent atteindre un plus grand nombre d'électeurs et ainsi augmenter leur chance d'obtenir le siège. Ces alliances sont souvent basées sur des idéologies politiques communes ou sur des objectifs partagés. Elles peuvent être formelles, avec des accords précis sur les politiques et les candidatures, ou informelles, basées sur des soutiens ad hoc pour certaines questions ou candidats. Cette stratégie permet aux partis de travailler ensemble pour maximiser leur impact politique dans un système qui favorise généralement les plus grands partis.
Le système majoritaire à deux tours est souvent utilisé pour les élections au Conseil des États en Suisse. Dans ce système, les candidats doivent obtenir la majorité absolue (plus de 50% des votes) lors du premier tour de scrutin pour être élus. Si aucun candidat n'atteint cette majorité, un second tour est organisé. Lors du second tour, les candidats qui ont obtenu les deux premières places lors du premier tour sont généralement ceux qui s'affrontent. Le second tour fonctionne souvent selon le principe du "plurality voting" (ou scrutin majoritaire à un tour), où les candidats qui reçoivent le plus grand nombre de votes gagnent, même s'ils n'ont pas atteint la majorité absolue. Ce système est conçu pour garantir que les candidats élus bénéficient d'un soutien large et majoritaire. Cependant, il peut également mener à un bipartisme, car les électeurs peuvent être incités à voter "stratégiquement" pour l'un des deux principaux candidats pour éviter que leur vote n'aille à un candidat qui a peu de chances de gagner. En Suisse, il est intéressant de noter que même si le système majoritaire est utilisé pour les élections au Conseil des États, le pays conserve néanmoins un système multipartite robuste, en partie grâce à la diversité des systèmes électoraux utilisés dans différents contextes.
Les systèmes majoritaires favorisent généralement les grands partis car ils ont besoin d'une majorité (ou d'une pluralité lors du second tour) pour gagner. Cela a tendance à décourager les petits partis de se présenter car ils ont généralement moins de chances de gagner. De plus, les électeurs peuvent être moins enclins à voter pour un petit parti par crainte de "gaspiller" leur vote sur un candidat qui a peu de chances de gagner. Ce phénomène, souvent appelé le "vote utile", peut renforcer encore davantage la position des grands partis.
Le système politique suisse utilise une combinaison de systèmes électoraux, en fonction du niveau de gouvernement et de la chambre du parlement. Pour le Conseil national (la chambre basse), le système est généralement proportionnel, ce qui tend à favoriser une représentation plus large des partis politiques, y compris les plus petits. En revanche, pour le Conseil des États (la chambre haute), un système majoritaire est généralement utilisé. Cela tend à favoriser les partis les plus importants, car un candidat doit obtenir la majorité des votes pour être élu. C'est un exemple intéressant de la façon dont un pays peut utiliser différents systèmes électoraux pour atteindre différents objectifs. Le système proportionnel du Conseil national peut permettre une représentation plus large et plus diversifiée des opinions politiques. En revanche, le système majoritaire du Conseil des États peut favoriser la stabilité et la capacité à prendre des décisions, car il est généralement plus facile pour un petit nombre de partis importants de former un gouvernement ou de prendre des décisions. Cela montre qu'il n'y a pas de "meilleur" système électoral en soi, mais plutôt que le système le plus approprié dépend des objectifs spécifiques et du contexte d'un pays donné.
Même si le système est techniquement proportionnel dans les cantons de Neuchâtel et de Jura pour le Conseil des États, le fait qu'il n'y ait que deux sièges disponibles crée un quorum naturel, ce qui signifie qu'un parti doit obtenir presque un tiers des voix pour remporter un siège. Cela rend plus difficile pour les petits partis d'obtenir une représentation, même dans un système techniquement proportionnel. Ce point souligne une réalité importante des systèmes électoraux : le système de vote formel (proportionnel, majoritaire, etc.) est une caractéristique importante, mais ce n'est pas la seule chose qui détermine comment les votes sont traduits en sièges. D'autres facteurs, comme le nombre de sièges disponibles, le nombre de candidats en lice, et même des facteurs non électoraux comme la culture politique locale, peuvent également jouer un rôle significatif. En fin de compte, le système électoral d'un pays ou d'une région est souvent le produit de son histoire politique unique, ainsi que des objectifs spécifiques qu'il cherche à atteindre en matière de représentation politique.
Les conséquences du système électoral
Quelles sont les conséquences de ces deux types de scrutins, de ces deux chambres qui sont élues selon un système tellement différent dans une chambre et dans l’autre ?
Les conséquences se voient visuellement. Si on admet que cette projection est fidèle à la réalité, au Conseil national, l’UDC domine très nettement, l’UDC a 29% des voies, mais 32% des sièges. Viennent après le parti socialiste, le PLR et le PDC. Ce qui frappe est le contraste entre la force en sièges de l’UDC au Conseil national et sa force en siège au Conseil des États. Là où l’UDC a 32% des sièges au national, il va avoir environ 15% de sièges au Conseil des États. C’est un contraste considérable de forces parlementaires pour un parti.
Cela illustre parfaitement la manière dont le système électoral peut influencer la répartition des sièges. Dans un système de représentation proportionnelle comme celui du Conseil national, les partis plus petits peuvent obtenir une plus grande représentation. Cela permet à l'UDC, avec un grand soutien populaire, d'obtenir une part significative des sièges. En revanche, dans le système majoritaire du Conseil des États, deux candidats seulement sont élus par canton, ce qui tend à favoriser les plus grands partis. Même si l'UDC a un soutien significatif, elle peut ne pas obtenir la majorité nécessaire pour remporter un siège dans chaque canton. Cela peut conduire à une sous-représentation du parti au Conseil des États par rapport à son niveau de soutien populaire. La différence de représentation de l'UDC entre le Conseil national et le Conseil des États illustre l'impact du système électoral sur la répartition des sièges. Il montre également comment les systèmes électoraux peuvent être conçus pour équilibrer la représentation entre différents partis et régions, en veillant à ce qu'aucun parti ou région ne soit trop dominant.
Il y a la situation inverse pour les deux partis de la droite modérée. Le PLR et le PDC font respectivement 17% et 13% de sièges au national, mais qui ont 26% et 28% des sièges du Conseil des États. Ces deux partis sont beaucoup plus forts en sièges au Conseil des États qu’ils ne le sont au Conseil national. Ces différences sont en bonne partie du au système électoral et au découpage en circonscriptions existant en Suisse.
Ces variations dans la représentation des partis politiques entre le Conseil national et le Conseil des États sont principalement dues à la différence des systèmes électoraux. Le système de représentation proportionnelle au Conseil national permet à un plus grand nombre de partis, y compris les plus petits, d'obtenir une représentation. Cependant, le système majoritaire du Conseil des États favorise les partis les plus importants ou ceux qui ont une forte présence locale. Le PLR et le PDC, en tant que partis de droite modérée, pourraient être plus susceptibles de remporter un siège dans ce système. Ils peuvent être en mesure de recueillir des voix d'électeurs modérés qui pourraient ne pas soutenir un parti plus à droite comme l'UDC. C'est donc une illustration parfaite de la façon dont le système électoral peut influencer le paysage politique et la répartition des sièges dans le parlement. Il montre aussi comment des facteurs comme le découpage en circonscriptions peuvent avoir un impact sur les résultats électoraux. Les différences entre les systèmes électoraux peuvent ainsi favoriser une plus grande diversité de partis et de points de vue représentés au parlement.
Dans un système majoritaire comme celui du Conseil des États, les partis aux idées plus radicales ou plus polarisantes, comme l'UDC, peuvent avoir du mal à obtenir des sièges. Comme le système exige une majorité des votes pour obtenir un siège, un parti qui a une base de soutien solide mais pas majoritaire peut finir par être sous-représenté. Dans ce système, les partis doivent souvent attirer un large éventail de soutiens pour remporter un siège. Cela contraste avec le système proportionnel du Conseil national, où les partis peuvent obtenir des sièges en proportion de leur part des votes. Dans ce système, un parti comme l'UDC peut obtenir une représentation relativement élevée sans avoir à obtenir une majorité des votes. Il est donc clair que le système électoral peut avoir un impact significatif sur la représentation des différents partis dans les institutions politiques.
Pourquoi est-ce que l’UDC réussit si bien au Conseil national et si mal au Conseil des États ? Qu’est-ce qui explique que l’UDC ait une telle différence de succès dans une chambre et dans l’autre ?
Le profil très marqué de l’UDC, sa radicalisation à droite est une arme à double tranchant comme expliqué dans l’article Les deux principales causes de la sous-représentation de l'UDC dans les gouvernements cantonaux : un profil trop marqué et des sections insuffisamment établies du professeur Pascal Sciarini[1]. L'article du professeur Pascal Sciarini met l'accent sur le fait que l'UDC, en raison de son positionnement très marqué à droite et de son profil radical, peut avoir des difficultés à attirer un soutien plus large nécessaire pour remporter des sièges dans des systèmes majoritaires. Il souligne également l'importance de la présence locale et de l'organisation des sections du parti dans les cantons. Les sections locales sont essentielles pour mobiliser les électeurs, organiser des campagnes électorales et maintenir une présence continue et visible du parti au niveau local. Si ces sections ne sont pas suffisamment établies ou organisées, cela peut également limiter la capacité du parti à obtenir des sièges, en particulier dans un système majoritaire où le soutien local direct est crucial. Le cas de l'UDC illustre ainsi les défis auxquels peuvent être confrontés les partis à la fois radicaux et populistes dans des systèmes politiques où le soutien large et la présence locale sont des facteurs clés pour obtenir des sièges au pouvoir.
Dans un système proportionnel, il est avantageux pour un parti d'avoir un profil clairement défini et distinct des autres partis. Cela permet au parti de mobiliser efficacement sa base électorale, car les électeurs ont une idée claire de ce que représente le parti et de ce qu'ils soutiennent. Dans un système de représentation proportionnelle, chaque voix compte car le nombre de sièges qu'un parti obtient est directement proportionnel au pourcentage de voix qu'il reçoit. Ainsi, un parti avec un profil très marqué, comme l'UDC, peut faire campagne de manière agressive et mobiliser efficacement ses électeurs pour obtenir un maximum de voix. En revanche, dans un système majoritaire, le parti doit être capable d'obtenir une majorité de voix dans une circonscription donnée pour gagner des sièges. Dans ce contexte, un profil trop marqué peut se révéler moins avantageux si cela signifie que le parti ne parvient pas à rassembler un soutien suffisant au-delà de sa base électorale la plus fidèle.
Par contre, dans une élection au système majoritaire où il faut être soit un très grand parti, soit être capable de faire des alliances et de « ratisser large », c’est-à-dire aller chercher des voies au-delà de son propre parti. Dans un système électoral majoritaire, un parti politique doit souvent obtenir un soutien plus large pour gagner des sièges. Cela peut signifier qu'il doit faire appel à des électeurs au-delà de sa base de soutien la plus fidèle, en cherchant à gagner des votes parmi ceux qui pourraient normalement soutenir un autre parti. C'est pourquoi il peut être avantageux pour un parti d'avoir une plate-forme politique plus modérée ou plus centriste dans un système majoritaire, car cela peut lui permettre d'attirer un plus grand nombre d'électeurs. De plus, dans un système majoritaire, les partis peuvent être obligés de former des coalitions ou des alliances avec d'autres partis pour obtenir une majorité de sièges. Cela peut nécessiter des compromis politiques, et les partis à la ligne dure ou avec un profil très marqué peuvent avoir plus de mal à trouver des partenaires de coalition. Ainsi, alors qu'un profil politique très marqué peut être avantageux dans un système de représentation proportionnelle, il peut être un handicap dans un système majoritaire.
Dans un système électoral majoritaire, avoir des positions politiques rigides ou extrêmes peut rendre difficile pour un parti de gagner des sièges. Cela peut être dû à plusieurs raisons:
- Difficulté à attirer un large électorat : Un parti avec des positions très marquées peut avoir du mal à "ratisser large", c'est-à-dire à attirer des électeurs qui ne partagent pas ses positions radicales. Dans un système majoritaire, un parti doit généralement attirer un soutien bien au-delà de sa base de soutien la plus fidèle pour remporter une élection.
- Difficulté à former des alliances : Les partis qui ont des positions extrêmes ou qui sont perçus comme intransigeants peuvent également avoir du mal à former des alliances avec d'autres partis. Dans de nombreux systèmes majoritaires, les partis doivent souvent former des coalitions pour obtenir une majorité de sièges. Si un parti a des positions très tranchées et refuse de faire des compromis, il peut être difficile pour lui de trouver des partenaires de coalition.
- Candidats à profil élevé : De plus, si les candidats d'un parti ont eux-mêmes des positions très marquées, cela peut également limiter leur capacité à gagner des voix en dehors de leur propre parti. Les candidats qui sont perçus comme extrêmes peuvent avoir du mal à attirer des électeurs modérés, ce qui peut limiter leurs chances de succès dans une élection majoritaire.
Cela ne veut pas dire qu'un parti avec un profil très marqué ne peut pas réussir dans un système majoritaire, mais cela peut rendre le succès plus difficile. Dans ce contexte, l'UDC semble rencontrer des difficultés à gagner des sièges au Conseil des États, en raison de son profil politique très marqué.
Un parti comme l’UDC qui a un profil très marqué n’est pas capable de « ratisser large ». Il est difficilement capable de faire alliance puisqu’il a des positions tellement dures qu’il se fâche avec a peu près tout le monde est donc cela est difficile pour les autres partis de faire alliance avec l’UDC sachant que l’UDC n’arrête pas de les dénigrer. Donc, cela limite les possibilités d’alliance pour ce parti et une alliance est importante pour franchir la cape majoritaire, et en plus, les candidats de l’UDC souvent sont eux-mêmes très marqués comme le parti et donc ces candidats individuellement en sont pas tellement capables d’aller chercher des voies en dehors de leur propre parti limitant fortement leur chance de succès.
Les deux partis de la droite modérée à savoir le Parti libéral radical et le Parti démocrate chrétien sont dans une configuration exactement inverse à celle de l’UDC. Ces deux partis sont fortement surreprésentés au Conseil des États par rapport à leur force électorale réelle. Le PLR est environ 16% de l’électorat et le PDC est environ 14% de l’électoral. Ils sont beaucoup plus forts et surreprésentés au Conseil des États.
le Parti libéral radical (PLR) et le Parti démocrate chrétien (PDC) bénéficient du système majoritaire utilisé pour l'élection du Conseil des États en Suisse, malgré le fait qu'ils ne recueillent pas une grande partie des voix à l'échelle nationale. Voici quelques raisons potentielles à cette sur-représentation:
- Ratisser large : Dans un système majoritaire, un parti a besoin de "ratisser large", c'est-à-dire d'attirer des électeurs de différents horizons politiques pour gagner. Les partis modérés sont généralement mieux placés pour le faire, car leurs positions politiques sont susceptibles d'être plus acceptables pour un plus grand nombre d'électeurs.
- Alliances : Les partis modérés peuvent également être plus enclins à former des alliances avec d'autres partis. Cela peut leur donner un avantage dans les élections majoritaires, où il est souvent nécessaire d'obtenir une majorité de sièges pour pouvoir gouverner.
- Candidats modérés : Les candidats des partis modérés sont également susceptibles d'être plus attrayants pour un plus grand nombre d'électeurs. Dans un système majoritaire, les électeurs doivent souvent choisir le "moindre mal" parmi les candidats, et les candidats modérés peuvent donc être plus attrayants pour ceux qui se situent au centre de l'échiquier politique.
En résumé, le PLR et le PDC, grâce à leur modération et à leur capacité à nouer des alliances, semblent être capables de capitaliser sur le système majoritaire en place pour le Conseil des États en Suisse, ce qui leur permet d'obtenir une représentation supérieure à leur proportion de l'électorat national.
La raison est que ces deux partis, lors d’une élection majoritaire sont favorisés, ils ont un avantage parce qu’ils ont une position relativement centraliste qui leur permet de faire des alliances (1) entre eux ou avec d’autres partis de la droite modérée, cela permet à ces partis de présenter des candidats qui sont capables d’aller glaner des voies bien au-delà de leur propre camp électoral (2). Le PDC et le PDR sont largement capables de faire des alliances parce que leur profil modéré est un atout pour faire alliance avec le centre droit et même la droite un peu plus dure, et d’autre part, ces partis sont capables de présenter des candidats qui vont aller glaner des voies bien au-delà de leur propre parti. C’est la recette à succès pour une élection au système majoritaire.
En revanche, ces partis paient un certain prix pour cette stratégie lorsqu'il s'agit d'élections proportionnelles. En raison de leur modération, ils peinent à se démarquer dans un contexte politique polarisé entre une gauche dure et une droite dure. Leur discours modéré a du mal à se faire entendre et à mobiliser les électeurs dans ce contexte. C'est une situation qui est exactement inverse à celle de l'UDC. Ils ont du mal dans les élections proportionnelles, mais tirent pleinement parti du système majoritaire.
L'écart de succès des partis politiques dans les élections au Conseil national par rapport au Conseil des États a des implications directes pour l'activité législative du parlement. En Suisse, les deux chambres ont exactement les mêmes prérogatives. Cela signifie qu'elles doivent toutes deux s'accorder sur le même texte de loi. Aucune loi ne peut être adoptée en Suisse tant qu'elle n'a pas été approuvée dans le même contenu par les deux chambres. Ce système bicaméral suisse, où les deux chambres - le Conseil national et le Conseil des États - ont les mêmes prérogatives, s'inscrit dans le concept de l'équilibre des pouvoirs, élément essentiel du système démocratique suisse. Cela signifie que pour qu'un projet de loi soit adopté, il doit être approuvé dans le même contenu par les deux chambres. Chaque chambre examine, modifie éventuellement et vote sur le texte de loi. Si les deux chambres ne sont pas d'accord sur le texte, le projet de loi est renvoyé d'une chambre à l'autre pour examen et vote jusqu'à ce qu'un consensus soit atteint. Ce processus est connu sous le nom de navette parlementaire. Le fait que le succès des partis politiques varie considérablement entre le Conseil national et le Conseil des États a donc des implications majeures pour la législation. Par exemple, un parti politique qui est bien représenté au Conseil national, mais pas au Conseil des États, peut trouver plus difficile de faire adopter des lois qui reflètent ses priorités et ses politiques. Cela peut conduire à des compromis ou à des impasses politiques. D'un autre côté, un parti qui a une forte représentation dans les deux chambres pourrait avoir une influence significative sur la législation. Cela peut créer une situation où la minorité dans une chambre a un pouvoir de blocage sur la législation, ce qui peut conduire à des impasses politiques.
Les différences de composition entre le Conseil national et le Conseil des États, notamment avec une forte présence de l'UDC au Conseil national et une représentation moindre au Conseil des États, contre un fort positionnement du PLR et du PDC au Conseil des États mais un poids moindre au Conseil national, peuvent engendrer des divergences de priorités politiques. Ces différences de majorités politiques dans les deux chambres peuvent en effet conduire à des tensions lorsque les deux chambres travaillent à élaborer et à approuver la législation. Dans ce contexte, la prochaine législature pourrait voir une augmentation des tensions entre les deux chambres. Les textes de loi produits peuvent refléter les différentes préférences politiques des majorités au sein de chaque chambre, ce qui pourrait entraîner des difficultés pour parvenir à un accord sur les textes législatifs. Dans une telle situation, le processus de navette parlementaire, où le texte d'un projet de loi est envoyé d'une chambre à l'autre jusqu'à ce qu'un accord soit trouvé, peut s'avérer plus complexe et plus long. Il pourrait y avoir davantage de débats et de négociations pour arriver à un compromis satisfaisant pour les deux chambres. De telles tensions peuvent aussi avoir des implications plus larges pour la politique suisse, en affectant le rythme du processus législatif et en mettant en évidence les divisions entre les différentes forces politiques. Cependant, cela fait également partie de la nature du système politique suisse qui encourage le débat, la représentation équilibrée et le consensus.
Les mécanismes de navette parlementaire, qui permettent un échange constant entre les deux chambres, servent précisément à faciliter la recherche d'un consensus. Dans le cas où un accord ne peut être atteint, une commission de conciliation peut être formée pour tenter de résoudre les divergences. Cette commission est généralement composée de membres des deux chambres et travaille à proposer un texte de compromis. Cependant, malgré ces mécanismes, il est tout à fait possible que les tensions entre les deux chambres puissent mener à des impasses législatives. Si les divergences sont trop grandes et que chaque chambre reste fermement attachée à sa position, il peut être difficile, voire impossible, de parvenir à un accord sur un texte de loi. Ce type de blocage n'est pas fréquent dans le système législatif suisse, qui vise généralement le consensus et le compromis. Cependant, étant donné les divergences de composition et de préférences politiques entre les deux chambres, le risque d'une telle situation peut être accru. Dans de tels cas, la loi en question peut être mise en attente ou retirée, et des négociations supplémentaires peuvent être nécessaires pour résoudre le blocage. Ce genre de situation peut aussi inciter à une réflexion plus large sur les enjeux politiques en cause et sur la manière dont le système législatif peut mieux fonctionner pour éviter de telles impasses à l'avenir.
Les systèmes électoraux et les règles qu'ils mettent en place ont des répercussions profondes sur le paysage politique d'un pays. En Suisse, où l'on a un système bicaméral parfait, ces règles ont un impact direct et concret sur l'activité législative. Dans le cas de la Suisse, les élections pour le Conseil National (chambre basse) sont conduites sous un système de représentation proportionnelle, ce qui favorise une représentation diverse et équilibrée des partis. Par contre, les élections pour le Conseil des États (chambre haute) sont en majorité menées sous un système majoritaire, ce qui favorise les partis établis et de grande taille. Ces systèmes différents produisent des assemblées avec des compositions politiques variées. Par conséquent, ils peuvent avoir des priorités, des orientations et des visions différentes pour le pays. Quand il s'agit de légiférer, ces deux chambres doivent s'entendre sur un texte identique pour que la loi soit adoptée, ce qui peut mener à des négociations, des compromis, voire des conflits. En d'autres termes, le choix du système électoral a des conséquences significatives sur la gouvernance, la législation et la politique en général. En somme, le bicamérisme parfait de la Suisse, combiné à ses règles électorales distinctes pour chaque chambre, met en lumière les dynamiques intéressantes et complexes de la politique et de la législation dans un système démocratique.
Structure des Clivages Politiques
On entend souvent parler de clivage comme, par exemple, le röstigraben qui est le clivage linguistique en Suisse entre la Suisse romande et la Suisse alémanique, on parle parfois de clivage ville – campagne. Qu’est-ce que cela est ?
Définition du Clivage Politique
Stefano Bartolini et Peter Mair, dans leur livre "Identity, Competition, and Electoral Availability" (1990), ont défini le clivage politique selon trois conditions clés. Il est important de noter que selon leur perspective, toutes les trois conditions doivent être présentes pour qu'un véritable clivage politique puisse être identifié :
- La composante structurelle empirique d'un clivage politique fait référence à des différences tangibles et observables au sein de la société. Ces différences peuvent être basées sur des caractéristiques sociodémographiques, culturelles, linguistiques ou économiques. Dans le contexte suisse, ces différences sont manifestes dans la diversité linguistique et culturelle du pays. Par exemple, la distinction entre les populations de langue allemande (alémaniques) et de langue romanche (romans) est une différence observable et tangible. De même, les divergences religieuses, les distinctions de classe sociale, ou encore les différences régionales peuvent également être des marqueurs empiriques de clivages sociaux ou culturels. Ces divisions, lorsqu'elles se traduisent par des conflits politiques persistants et sont associées à des identités de groupe distinctes, peuvent donner lieu à des clivages politiques majeurs, affectant la configuration du paysage politique et le processus de prise de décision.
- La composante culturelle-normative est un élément essentiel pour la formation d'un clivage politique. Elle fait référence aux différences distinctes dans les croyances, valeurs et préférences entre divers groupes au sein d'une société. Ces différences doivent être suffisamment fortes et distinctes pour créer une division ou un conflit potentiel entre ces groupes. Dans le contexte suisse que vous évoquez, si les groupes de langue allemande (alémaniques) et de langue romanche (romans) avaient exactement les mêmes croyances, valeurs et préférences, il n'y aurait pas de potentiel pour un clivage politique basé sur la différence linguistique. C'est la distinction dans les préférences et les valeurs qui permet à un clivage potentiel de se manifester. Cependant, il est important de noter que même si ces deux conditions - une composante structurelle empirique et une composante culturelle-normative - sont remplies, un clivage politique ne se manifestera pas nécessairement. Il existe une troisième composante nécessaire pour la formation d'un clivage politique.
- La composante politico-organisationnelle est essentielle pour rendre un clivage politique manifeste. Cela signifie qu'un parti politique ou une autre organisation doit reconnaître, articuler et mobiliser autour de ce clivage. Sans une telle entité pour mettre en lumière et politiser le clivage, celui-ci restera simplement un potentiel latent sans répercussions manifestes. En reprenant l'exemple suisse, si on se réfère strictement à cette définition, le clivage linguistique n'existe pas réellement en tant que clivage politique. En effet, il n'existe pas de parti politique ou d'organisation en Suisse qui s'est explicitement constitué pour défendre les intérêts de la Suisse romande contre la majorité alémanique, ou vice versa. Ainsi, bien qu'il y ait des différences empiriques et culturelles-normatives entre ces groupes linguistiques, le clivage n'est pas rendu manifeste sur la scène politique. a Lega dei Ticinesi constitue une exception notable dans ce contexte. Cette formation politique, établie dans le canton du Tessin, a été fondée en partie pour défendre les intérêts de la minorité italophone face à la politique centralisée de Berne. Cela montre bien comment une entité organisée peut rendre un clivage politique manifeste. Cependant, hormis cet exemple, on peut dire qu'il n'existe pas de clivage linguistique, au sens strict du terme, dans le paysage politique suisse. Certes, lors de votations populaires, les différences de préférences entre les communautés linguistiques peuvent devenir évidentes, mais il n'existe pas d'organisation ou de parti politique qui se consacre à l'articulation et à la mobilisation autour de ce clivage. Cela démontre à quel point la composante politico-organisationnelle est essentielle pour transformer un clivage potentiel en un clivage politique manifeste.
La littérature en science politique distingue généralement deux types de clivages : les clivages traditionnels et les clivages modernes ou récents.
- Les clivages traditionnels : Ils sont généralement liés à des conflits historiques de longue date dans la société. Les plus courants sont le clivage gauche-droite, qui concerne principalement des questions économiques et sociales, et le clivage confessionnel, entre catholiques et protestants par exemple. En Europe, un autre clivage traditionnel oppose le centre à la périphérie, c'est-à-dire les zones urbaines et industrialisées aux zones rurales et agricoles.
- Les clivages modernes ou récents : Ces clivages sont apparus plus récemment, à mesure que les sociétés se sont complexifiées et que de nouvelles questions sont devenues politiquement importantes. Le clivage le plus notable est sans doute celui entre les "gagnants" et les "perdants" de la mondialisation. Il y a également le clivage entre les partisans de l'intégration européenne et ses opposants. Un autre exemple est le clivage sur les questions environnementales, avec d'un côté les partisans d'une transition écologique radicale et de l'autre ceux qui sont plus réticents à changer le statu quo. Ces clivages modernes sont généralement plus fluides et moins stables que les clivages traditionnels.
Ces deux types de clivages coexistent souvent au sein d'une même société et peuvent se superposer ou entrer en conflit. Leur importance relative et la façon dont ils sont exprimés varient d'un pays à l'autre et peuvent évoluer avec le temps.
Seymour Martin Lipset et Stein Rokkan ont été parmi les premiers chercheurs à s'intéresser systématiquement aux clivages politiques et à leur impact sur les systèmes de partis. Dans leur ouvrage classique "Party Systems and Voter Alignments: Cross-National Perspectives" publié en 1967, ils ont développé une théorie des clivages qui a eu une grande influence sur la recherche en science politique.
Selon Lipset et Rokkan, les clivages politiques sont le produit de conflits historiques majeurs qui ont marqué la structuration des sociétés. Ils identifient quatre clivages principaux qui ont façonné les systèmes de partis européens :
- Le clivage Centre-Périphérie, qui oppose le centre politique et économique du pays à ses régions périphériques. Ce clivage est souvent lié à des questions de centralisation versus autonomie régionale.
- Le clivage Eglise-Etat, qui met en opposition les forces laïques et les forces religieuses. Ce clivage est lié à des questions comme le contrôle de l'éducation et le rôle de la religion dans la vie publique.
- Le clivage Ville-Campagne, qui reflète les différences entre les zones urbaines industrialisées et les zones rurales agricoles.
- Le clivage Travail-Capital, qui oppose la classe ouvrière et la bourgeoisie autour de questions économiques et sociales.
Lipset et Rokkan soutiennent que ces clivages ont eu un impact durable sur les systèmes de partis, et qu'ils ont "gelé" la structure de ces systèmes pour une longue période. Cette théorie du "gel des clivages" a été largement débattue et modifiée depuis, mais elle reste une référence majeure dans l'étude des clivages et des systèmes de partis.
Seymour Martin Lipset et Stein Rokkan ont proposé une théorie suggérant quatre clivages majeurs ayant façonné les systèmes politiques européens, y compris la Suisse. Ces clivages historiques sont religieux, centre-périphérie (également perçu comme linguistique en Suisse), classe et ville-campagne, et ont grandement influencé la formation des partis politiques.
Le premier clivage, le clivage religieux, se manifeste clairement en Suisse par les tensions historiques entre les catholiques et les protestants. Ces deux groupes ont souvent démontré des préférences politiques distinctes, façonnant ainsi le paysage politique du pays. Ensuite, nous avons le clivage centre-périphérie, également reconnu comme clivage linguistique en Suisse. Ce clivage est lié aux différences culturelles et linguistiques entre les différentes régions de la nation. Par conséquent, on peut observer des variations dans les préférences politiques entre les cantons germanophones, francophones et italophones. Le clivage de classe, commun à de nombreux pays européens, est également présent en Suisse. Il symbolise les tensions historiques entre les travailleurs et les classes supérieures, souvent exprimées à travers l'opposition des partis socialistes ou de gauche aux partis conservateurs ou de droite. Finalement, le clivage ville-campagne se distingue par des différences de préférences politiques entre les zones urbaines, généralement plus progressistes, et les zones rurales, qui sont souvent plus conservatrices. Ces clivages ont considérablement structuré les partis politiques et la compétition électorale en Suisse.
Ces clivages, tant traditionnels que contemporains, ont des racines profondément ancrées dans l'histoire sociale et politique. Certains, comme le clivage de classe et le clivage ville-campagne, sont liés au processus d'industrialisation. Par exemple, le clivage de classe reflète les tensions socio-économiques entre les travailleurs et les classes supérieures qui ont émergé lors de la révolution industrielle. De même, le clivage ville-campagne représente les différences entre les zones urbaines, généralement plus progressistes et industrialisées, et les zones rurales, souvent plus conservatrices et agricoles. D'autres clivages, tels que le clivage centre-périphérie (ou linguistique en Suisse) et le clivage religieux, sont liés à la création de l'État-nation. Le clivage centre-périphérie reflète les tentatives du centre politique et économique d'un pays d'homogénéiser et de contrôler les régions périphériques, ce qui peut conduire à des tensions entre ces régions et le centre. Dans le cas de la Suisse, ce clivage est également linguistique, reflétant les différences entre les cantons germanophones, francophones et italophones. Le clivage religieux, quant à lui, est lié aux tensions entre les forces religieuses et laïques au sein de la société. En Suisse, cela se manifeste dans les différences historiques entre les catholiques et les protestants. Ces clivages continuent d'influencer la politique suisse, même si leur importance relative peut varier au fil du temps.
Les clivages traditionnels ont joué un rôle essentiel dans la structuration des systèmes politiques de nombreux pays, y compris la Suisse. Toutefois, il est généralement admis que leur importance a diminué au fil du temps. Prenez, par exemple, le clivage religieux en Suisse. Au XIXème siècle, ce clivage était extrêmement fort, au point qu'il a façonné la formation de la Suisse moderne. La guerre du Sonderbund, qui était en grande partie basée sur des différences religieuses, en est un exemple frappant. Cependant, au fil du XIXème et du XXème siècle, ce clivage religieux a perdu une grande partie de sa force. Le clivage de classe a également connu des transformations significatives. Même si ce clivage est toujours présent, sa formulation et son influence ont évolué au fil du temps.
L'affaiblissement des clivages classiques, souvent qualifié de "pacification", a laissé place à l'émergence de nouveaux clivages dans le paysage politique. Parmi ceux-ci, le clivage matérialiste-postmatérialiste a gagné en importance. Le clivage matérialiste-postmatérialiste a été théorisé par le politologue américain Ronald Inglehart dans les années 1970. Selon Inglehart, ce clivage reflète un changement de valeurs au sein des sociétés occidentales, qui s'est produit au cours des dernières décennies. Les matérialistes tendent à valoriser la sécurité économique et physique, et se concentrent sur les besoins matériels traditionnels comme l'emploi et le revenu. Les postmatérialistes, en revanche, accordent plus d'importance à des questions telles que l'autonomie personnelle, la qualité de vie et les droits de l'homme. L'émergence de ce nouveau clivage ne signifie pas nécessairement que les clivages traditionnels ont disparu. Au contraire, ils coexistent souvent et peuvent interagir de manière complexe, influençant ainsi les préférences politiques et le comportement électoral.
Le clivage matérialiste-postmatérialiste, qui a été reconnu dans les années 1980 et 1990, est souvent attribué à un renouvellement générationnel. Plus spécifiquement, ce clivage est lié aux expériences distinctes des générations nées après la Seconde Guerre mondiale par rapport à celles nées avant. Ces générations d'après-guerre ont vécu dans une ère de paix relative et ont connu des niveaux d'éducation sans précédent. Ces conditions ont contribué à l'émancipation de la société et ont favorisé l'émergence de ce qu'on appelle des valeurs postmatérialistes. Contrairement aux valeurs matérialistes, qui privilégient la sécurité économique et physique, les valeurs postmatérialistes mettent l'accent sur l'épanouissement personnel et la réalisation de soi. Elles favorisent également la protection de l'environnement face à la croissance économique. En ce sens, le conflit environnemental est souvent lié à l'émergence de ce clivage matérialiste-postmatérialiste. Ces nouvelles priorités ont contribué à redéfinir le paysage politique, avec une attention accrue portée aux questions d'environnement, de droits de l'homme et de liberté individuelle.
Le conflit environnemental est souvent associé à l'émergence du clivage matérialiste-postmatérialiste. Ce clivage politique met en opposition deux groupes de personnes ayant des valeurs et des priorités différentes. D'une part, le groupe des matérialistes, qui mettent l'accent sur des préoccupations économiques et matérielles, tels que la croissance économique, la sécurité de l'emploi et la stabilité économique. Ces individus tendent à donner la priorité à la croissance économique, même si cela peut avoir des conséquences néfastes sur l'environnement. D'autre part, le groupe des postmatérialistes, qui valorisent davantage des préoccupations telles que la qualité de vie, l'autonomie personnelle et les droits de l'homme. Ils ont tendance à être plus préoccupés par des questions environnementales et sont plus susceptibles de soutenir des politiques de protection de l'environnement. Ainsi, le conflit environnemental, opposant les partisans d'une croissance économique continue à ceux qui plaident pour une plus grande attention aux problèmes environnementaux, peut être vu comme une manifestation de ce clivage matérialiste-postmatérialiste.
Le clivage entre ouverture et tradition est une autre dynamique politique émergente, parfois également nommée "intégration-démarcation" ou "modernisation-tradition". Ce clivage est devenu de plus en plus prégnant dans la politique suisse à partir des années 1980 et 1990, et a encore gagné en importance au cours des années 2000 et 2010. D'un côté de ce clivage, on trouve les groupes favorables à l'ouverture internationale, à la solidarité et à la modernisation de la société. Ces groupes sont généralement enclins à soutenir l'intégration de la Suisse dans des structures supranationales comme l'Union Européenne, et à favoriser des politiques progressistes sur des questions comme l'immigration, l'égalité des droits ou l'environnement. De l'autre côté du clivage, on trouve les groupes qui privilégient la défense des traditions, l'indépendance de la Suisse et qui s'opposent à une plus grande intégration avec l'Union Européenne. Ces groupes ont tendance à être plus conservateurs, à favoriser la souveraineté nationale et à s'opposer à des changements rapides dans des domaines comme la politique d'immigration ou les normes sociales. C'est donc un clivage qui traduit une opposition de valeurs sur des questions clés de la politique suisse, avec une dimension normative importante : il concerne les conceptions divergentes de ce que devrait être la Suisse et de la direction que le pays devrait prendre à l'avenir.
Le clivage ouverture-tradition a aussi des racines sociostructurelles. Il est parfois interprété en termes de "gagnants" et de "perdants" de la modernisation et de la mondialisation. Cette perspective analyse le clivage non seulement en termes de valeurs, mais aussi en termes de caractéristiques sociologiques individuelles des personnes qui soutiennent ces valeurs. D'un côté, les "gagnants" sont généralement ceux qui bénéficient de l'ouverture internationale, de la modernisation et de la mondialisation. Ils sont souvent plus éduqués, plus riches, plus jeunes et vivent dans des zones urbaines. Ces individus sont plus enclins à soutenir des politiques d'ouverture, de modernisation et d'intégration internationale. De l'autre côté, les "perdants" sont ceux qui se sentent menacés ou désavantagés par ces changements. Ils ont tendance à être moins éduqués, plus âgés, moins aisés et vivent souvent dans des zones rurales ou périphériques. Ces individus sont plus susceptibles de soutenir des politiques de tradition, d'indépendance nationale et de résistance à la mondialisation et à l'ouverture. Le clivage ouverture-tradition n'est pas seulement une question de valeurs, mais est également lié à des divisions socioéconomiques et géographiques au sein de la société.
Synthèse et Application à la Politique Suisse
Nous avons tout d'abord analysé comment le contexte institutionnel spécifique de la Suisse a une forte influence sur les élections fédérales. Ces élections sont largement façonnées par les traits distinctifs du système institutionnel suisse. Les aspects tels que le système de gouvernement, la démocratie directe, le fédéralisme et le système électoral jouent tous des rôles clés. De plus, l'interaction entre le système électoral et le fédéralisme est particulièrement significative. Ces facteurs ont un impact considérable sur le contexte des élections, affectant non seulement les partis politiques eux-mêmes, mais aussi les électeurs. Ils influencent à la fois l'éventail des partis proposés et la façon dont ces partis évoluent au fil du temps. Cette interaction complexe entre l'environnement institutionnel et le paysage politique a des répercussions sur la dynamique des élections fédérales en Suisse.
Cela pourrait amener à s'interroger sur l'importance des élections fédérales en Suisse, compte tenu de notre discussion précédente suggérant qu'elles pourraient avoir une importance moindre. Une vision traditionnelle suggère que les élections parlementaires en Suisse ont une importance relative, ou du moins, sont moins importantes que dans d'autres contextes. Ce point de vue, bien que toujours partiellement valide, met en avant que les élections parlementaires ont une influence limitée sur la composition du gouvernement en Suisse. De plus, elles sont mises en concurrence avec le mécanisme de la démocratie directe. En outre, la fragmentation du système de partis et le fédéralisme rendent les changements majeurs dans les rapports de force entre les partis moins probables en Suisse.
La nature fragmentée du système de parti en Suisse, combinée à la structure fédéraliste du pays, restreint les chances qu'un parti politique puisse connaître une expansion soudaine et significative à l'échelle nationale. Chaque canton a ses propres spécificités et dynamiques politiques, rendant ainsi difficile pour un seul parti d'obtenir un soutien massif et uniforme à travers tout le pays.
Dans un système fédéraliste comme celui de la Suisse, le pouvoir est réparti entre le gouvernement central et les gouvernements régionaux ou cantonaux. Ce système favorise une pluralité de partis politiques qui peuvent répondre aux spécificités locales de chaque canton. Il en résulte un paysage politique très diversifié et fragmenté, où de nombreux partis sont présents et ont une influence politique, plutôt qu'une concentration du pouvoir politique entre deux ou trois partis majeurs, comme c'est souvent le cas dans les systèmes politiques plus centralisés. Dans ce contexte, un parti politique suisse ne peut pas simplement s'appuyer sur une plateforme politique uniforme pour gagner un soutien significatif à travers tout le pays. Au contraire, il doit être capable de répondre à une multitude de préférences politiques locales et régionales, qui peuvent varier considérablement d'un canton à l'autre. De plus, l'existence de nombreux partis politiques dans le système suisse signifie que les voix sont souvent réparties entre plusieurs partis, plutôt que concentrées autour de quelques-uns. Ainsi, même une petite augmentation du soutien pour un parti donné peut être suffisante pour lui donner une position plus forte au parlement, mais un changement radical dans l'équilibre des forces entre les partis reste peu probable. Cela signifie que, même si un parti gagne en popularité dans certaines régions, il est peu probable qu'il obtienne le même niveau de soutien à travers tout le pays. Cela limite la capacité d'un parti à "grandir tout d'un coup" et à obtenir un soutien massif au niveau national. Il est plus probable qu'un parti qui connaît un gain de popularité voit sa croissance se limiter à certaines régions ou cantons spécifiques. Par conséquent, le système politique suisse favorise une évolution plus lente et plus graduelle des partis politiques, plutôt que des changements rapides et spectaculaires dans le paysage politique.
La vision révisée de l'importance des élections fédérales suisses remet en question l'idée que ces élections sont de moindre importance en raison de la fragmentation du système de parti et du fédéralisme. Cette nouvelle perspective souligne que, bien que les changements politiques majeurs d'une élection à l'autre puissent être rares en Suisse, des évolutions significatives peuvent se produire sur plusieurs cycles électoraux. Un exemple frappant de cela est la montée en puissance de l'Union démocratique du centre (UDC) en Suisse. Le 18 octobre 2015, le parti a remporté une victoire significative en gagnant 3% des voix au niveau national, un exploit qualifié de "raz-de-marée UDC". Bien que 3% puissent sembler un gain mineur dans une seule élection, ce chiffre est significatif dans le contexte des gains progressifs réalisés par l'UDC au fil des ans. En l'espace de vingt ans, l'UDC a plus que doublé sa force électorale, démontrant que des changements majeurs sont possibles en Suisse sur une période plus longue. Cette vision révisée reconnaît donc que, bien que les changements dramatiques d'une élection à l'autre soient peu probables en Suisse, les élections fédérales restent un mécanisme important pour les transformations politiques à plus long terme. Elles ont le potentiel d'influer progressivement sur le paysage politique suisse et de faire évoluer les rapports de force entre les partis politiques. Par conséquent, cette perspective met en évidence l'importance croissante des élections fédérales en Suisse.
La montée en puissance de l'Union Démocratique du Centre (UDC) a effectivement entraîné une augmentation notable de la polarisation dans la politique suisse. Cette polarisation se caractérise par une division idéologique croissante entre l'UDC, située à l'extrême droite du spectre politique, et les partis de gauche. Cette polarisation est marquée par des divergences profondes sur des questions clés telles que l'immigration, l'environnement, l'intégration européenne et la politique économique. En particulier, l'UDC a été à la pointe de l'opposition à l'immigration et à une intégration plus étroite avec l'Union européenne, tandis que les partis de gauche ont tendance à être plus favorables à ces deux thèmes. L'impact de cette polarisation a été particulièrement visible dans le discours politique suisse, avec une rhétorique de plus en plus clivée et des tensions croissantes entre les partis. Cela peut également avoir des implications pour le consensus traditionnel qui a été la marque de la politique suisse, avec une gouvernance basée sur le compromis entre les différents partis. En somme, la montée en puissance de l'UDC et la polarisation croissante de la politique suisse ont ajouté une nouvelle dimension à la politique du pays, rendant les élections fédérales plus importantes et potentiellement plus conflictuelles.
La politique suisse a connu des changements notables en termes de dynamiques partisanes au cours des dernières décennies. Autrefois marquée par une culture du consensus et de la coopération interpartis, la politique suisse s'est progressivement transformée en un espace plus conflictuel et concurrentiel. Cette tendance a été amplifiée par l'ascension de l'UDC et la polarisation accrue entre les partis politiques. La nature plus conflictuelle de la politique suisse est particulièrement visible lors des campagnes électorales, où les partis politiques luttent vigoureusement pour gagner le soutien des électeurs. Par ailleurs, l'activité législative au Parlement est également devenue plus concurrentielle. Les partis politiques sont de plus en plus en désaccord sur diverses questions politiques, ce qui rend le processus d'élaboration des lois plus contesté et politisé. Ainsi, le paysage politique suisse est devenu plus dynamique et conflictuel, augmentant l'importance et l'intérêt des élections parlementaires. Cela a eu pour conséquence de rendre le processus politique plus vivant, mais également potentiellement plus polarisé et divisé.
Les recherches récentes ont mis en évidence un niveau de polarisation étonnamment élevé au sein du système politique suisse. Traditionnellement associée à un modèle de consensus, la politique suisse est désormais caractérisée par une polarisation partisane qui compte parmi les plus fortes en Europe. Au cours des deux dernières décennies, cette polarisation s'est considérablement intensifiée. Les clivages entre les différents partis politiques se sont accentués, créant une tension plus grande sur l'échiquier politique suisse. Cette polarisation accrue peut être attribuée à plusieurs facteurs, notamment la montée de l'UDC et les profonds changements sociopolitiques qui ont remodelé le paysage politique suisse. De plus, l'émergence de nouveaux clivages, comme le clivage entre les valeurs traditionnelles et modernes ou le clivage entre les gagnants et les perdants de la mondialisation, a également contribué à cette polarisation. Alors que la Suisse est souvent perçue comme un pays de consensus et de stabilité politique, ces récents développements soulignent la dynamique changeante de la politique suisse et l'importance croissante de comprendre les facteurs qui alimentent cette polarisation.
Bien que les élections parlementaires en Suisse n'aient généralement pas un impact significatif sur la composition globale du gouvernement, il est désormais reconnu que ces élections peuvent influencer au moins un des sept sièges du gouvernement, et peut-être même deux à l'avenir. Ce phénomène est en partie dû à la dynamique changeante du paysage politique suisse, où un siège au gouvernement peut potentiellement changer de mains en fonction des résultats électoraux. Même si cela ne représente qu'une fraction du gouvernement, cet enjeu augmente néanmoins l'importance des élections parlementaires. En outre, ces élections offrent un baromètre utile des tendances politiques et sociales en Suisse. Elles sont une occasion pour les citoyens d'exprimer leurs opinions et leurs préoccupations, et peuvent ainsi influencer le discours politique et l'orientation des politiques à plus long terme. Ainsi, malgré leur influence limitée sur la composition du gouvernement, les élections parlementaires jouent un rôle essentiel dans la démocratie suisse.
Dans le passé, le fédéralisme suisse donnait une plus grande importance aux enjeux locaux et aux campagnes cantonales lors des élections nationales. Cela était dû à la nature décentralisée du système politique suisse, où chaque canton a sa propre constitution, son propre gouvernement et son propre système juridique. Cependant, nous avons vu ces dernières années une tendance à la nationalisation du système de parti et des élections. Les problèmes et les débats nationaux jouent un rôle de plus en plus important dans les élections parlementaires, même si les spécificités cantonales restent pertinentes. Par conséquent, les élections nationales sont aujourd'hui beaucoup plus représentatives des enjeux à l'échelle nationale qu'elles ne l'étaient il y a vingt ans. Ce mouvement vers une plus grande nationalisation des élections parlementaires a contribué à augmenter leur importance et leur portée. Moins influencées par les particularités cantonales, elles sont désormais plus représentatives de l'état d'esprit politique national, offrant une vision plus claire de la dynamique politique à l'échelle du pays.
Toutes ces tendances - une polarisation politique accrue, une concurrence plus vive entre les partis, l'impact potentiel des élections parlementaires sur la composition du gouvernement, et une nationalisation croissante des élections - ont contribué à augmenter l'importance et l'intérêt des élections parlementaires en Suisse. La polarisation politique a rendu le paysage politique plus dynamique et imprévisible, stimulant l'intérêt du public pour les élections. Par ailleurs, la nationalisation croissante des élections a mis en avant les enjeux nationaux, rendant les élections parlementaires plus pertinentes pour un public plus large. De plus, la possibilité que les résultats des élections parlementaires influencent la composition du gouvernement - même s'il s'agit seulement du sixième ou septième siège - donne aux élections un enjeu supplémentaire. Même si le système politique suisse est conçu pour promouvoir la stabilité et le consensus, ces développements ont contribué à rendre les élections parlementaires plus significatives et plus captivantes pour les électeurs suisses.
Impact des Clivages Politiques sur la Politique Suisse
Ce graphique nous présente la position moyenne de l’électorat des différents partis dans un espace à deux dimensions. Les données sur lesquelles nous nous appuyons sont des données d’enquêtes d’opinion, de sondages réalisés après les élections fédérales.
Les enquêtes post-électorales telles que l'enquête SELECTS (Swiss Election Studies) menée par l'Université de Genève et d'autres institutions universitaires suisses fournissent une précieuse mine d'informations sur l'électorat suisse. Ces enquêtes, réalisées tous les quatre ans, capturent les attitudes, les comportements et les opinions des électeurs après les élections fédérales suisses. En interrogeant un échantillon représentatif de la population suisse, qui peut aller jusqu'à 4000 personnes, ces enquêtes permettent d'obtenir un aperçu détaillé des tendances électorales, de l'évolution des préférences politiques et de l'impact des différents enjeux sur le vote des citoyens. Elles peuvent aider à comprendre comment et pourquoi certaines questions politiques deviennent prépondérantes, comment les attitudes envers les partis politiques changent avec le temps, et comment des facteurs tels que l'âge, le sexe, l'éducation et d'autres caractéristiques socio-démographiques influencent les comportements de vote. Ces données peuvent être utilisées pour analyser une multitude d'aspects de la politique suisse, de la dynamique des partis politiques à l'évolution des clivages politiques, et elles peuvent aider à identifier les facteurs qui contribuent aux changements dans le paysage politique suisse.
Dans l'enquête SELECTS, on demande aux participants de situer leurs préférences politiques sur une échelle de 1 à 6 concernant différentes questions de politique. Ces questions peuvent couvrir un large éventail de sujets, allant de la politique économique à la politique environnementale, en passant par des questions de société plus générales. En demandant aux participants de situer leurs opinions sur cette échelle, les chercheurs peuvent obtenir une mesure quantitative des préférences politiques des électeurs. Cela permet d'analyser les positions politiques des individus de manière plus détaillée et plus précise que ce que permettrait une simple question sur l'appartenance à un parti politique. Par exemple, une personne pourrait se voir poser une question comme: "Dans quelle mesure êtes-vous d'accord avec l'affirmation selon laquelle la Suisse devrait s'ouvrir davantage aux influences internationales?" Sur l'échelle de 1 à 6, 1 pourrait signifier "Pas du tout d'accord" et 6 "Tout à fait d'accord". De cette façon, les chercheurs peuvent obtenir une vision plus nuancée des attitudes politiques des répondants.
Les questions utilisées afin de produire ces deux dimensions, est, pour l’axe horizontal, des questions redistributives classiques que l’on pourrait appeler le clivage gauche – droite économique. Pour l’axe horizontal, la question est de savoir si on est pour une Suisse dans laquelle on augmente les dépenses sociales ou pour une Suisse dans laquelle on réduit les dépenses sociales de la confédération. La deuxième question est de savoir si on est pour une Suisse dans laquelle on augmente l’impôt sur les hauts revenus ou est-on pour une Suisse dans laquelle on diminue l’impôt sur les hauts revenus. Chaque fois, ce sont des préférences de gauche ou de droit et après on calcule la position moyenne des électeurs qui stipule pour quel parti ils ont voté sur cet axe.
Ces deux questions sont classiques pour situer les électeurs sur un axe gauche-droite dans le contexte politique. L'axe horizontal se base sur des questions économiques, qui correspondent traditionnellement au clivage gauche-droite. C'est-à-dire, les préférences pour une redistribution plus ou moins forte des richesses. À une extrémité de l'axe (la gauche), on trouve les personnes qui sont favorables à une augmentation des dépenses sociales et des impôts sur les hauts revenus pour favoriser une répartition plus égalitaire des richesses. À l'autre extrémité (la droite), on trouve les personnes qui souhaitent réduire les dépenses sociales et diminuer les impôts sur les hauts revenus, souvent dans l'objectif de stimuler la croissance économique et l'investissement privé. Quant à l'axe vertical, il peut représenter un autre clivage important dans la politique, tel que le clivage libéral-conservateur sur des questions sociétales ou le clivage ouvert-fermé sur des questions d'immigration et de mondialisation, par exemple. Pour chaque électeur, une moyenne de ses réponses aux questions est calculée pour déterminer sa position sur l'axe gauche-droite. Les électeurs sont ensuite groupés en fonction du parti pour lequel ils ont voté, ce qui permet d'établir une position moyenne pour chaque parti sur l'axe politique.
Idem pour l’axe vertical. Il y a deux questions qui sont derrière la représentation qui est d’abord une question sur les étrangers, à savoir si on est favorable à une Suisse qui donne les mêmes chances aux étrangers et aux suisses ou, est-ce qu’on est favorable à un Suisse qui favorise les suisses sur une échelle de 1 à 6. La deuxième question est de savoir si on est favorable à une Suisse qui adhère à l’Union européenne ou à une Suisse qui fait cavalier seul. La question concernant l'égalité des chances pour les Suisses et les étrangers aborde les attitudes envers l'immigration et l'intégration. Les personnes qui sont plus favorables à une égalité des chances peuvent être considérées comme ayant des valeurs plus cosmopolites ou universalistes, tandis que celles qui favorisent les Suisses peuvent être considérées comme ayant des valeurs plus nationalistes ou ethnocentriques. La question concernant l'adhésion à l'Union européenne aborde les attitudes envers la globalisation et l'intégration européenne. Les personnes favorables à l'adhésion peuvent être considérées comme ayant une attitude plus ouverte envers la globalisation et l'intégration internationale, tandis que celles favorisant une Suisse "cavalier seul" peuvent être considérées comme ayant une attitude plus fermée, favorisant l'indépendance et la souveraineté nationale. Ainsi, l'axe vertical permet de situer les électeurs sur un clivage entre ouverture/intégration et tradition/indépendance. Comme pour l'axe horizontal, une moyenne des réponses de chaque électeur à ces questions est calculée pour déterminer sa position sur l'axe, et ces positions sont ensuite regroupées par parti politique.
Sur l'axe horizontal, la gauche économique tend à soutenir un rôle plus fort pour l'État dans l'économie, notamment en matière de redistribution des richesses et de fourniture de services publics, tandis que la droite économique tend à favoriser une approche de libre marché avec moins d'intervention de l'État. L'axe vertical, quant à lui, représente un clivage basé sur les attitudes envers le changement social et culturel et la globalisation. Le pôle supérieur (ouverture) représente des valeurs progressistes, cosmopolites et pro-globalisation, tandis que le pôle inférieur (tradition) représente des valeurs conservatrices, nationalistes et une préférence pour l'autonomie et la souveraineté nationale. Ces deux axes permettent de cartographier une grande variété de positions politiques et de comprendre les divisions principales parmi les électeurs et les partis politiques.
Apparaît la position moyenne des différents électorats de partis en 1995 et en 2011. On voit qu’il y a un électorat de gauche en haut à gauche avec le Parti socialiste et les Verts, un électorat UDC en bas à droite et au milieu l’électorat de la droite modérée. Dans une telle représentation, les électeurs du Parti socialiste et des Verts se situeraient en haut à gauche, reflétant leur préférence pour une plus grande intervention de l'État dans l'économie (axe gauche-droite) et leur ouverture sur des questions de globalisation et de changement culturel (axe ouverture-tradition). De même, les électeurs de l'UDC (Union démocratique du centre) seraient situés en bas à droite, reflétant leur penchant pour une économie de marché plus libérale et leurs attitudes plus conservatrices et nationalistes en matière de culture et de globalisation. Les électeurs des partis du centre et de la droite modérée, tels que le Parti libéral-radical et le Parti démocrate-chrétien, se situeraient probablement quelque part au milieu, reflétant une combinaison de vues économiques de droite et d'attitudes plus modérées ou mixtes sur les questions de globalisation et de changement culturel. Il est également intéressant de noter les mouvements des électeurs au fil du temps. Par exemple, si les électeurs d'un parti se déplacent vers la droite ou vers la gauche sur l'axe économique, ou vers le haut ou vers le bas sur l'axe de l'ouverture-tradition, cela pourrait indiquer un changement dans les priorités ou les préoccupations de cet électorat.
Si on trace une droite médiane qui est la droite de régression au milieu des points, apparaît l’axe gauche – droite. La dimension gauche – droite en Suisse est un peu la synthèse de ces deux dimensions avec l’axe gauche – droite économique et le nouvel axe de valeur tradition – ouverture, intégration – démarcation. Les partis ne sont pas alignés parfaitement sur la ligne, mais c’est assez frappant de voir qu’on peut résumer l’information. Dans la plupart des systèmes politiques, l'axe gauche-droite reste une dimension importante pour comprendre les préférences politiques. Dans le cas de la Suisse, cet axe intègre à la fois les questions économiques traditionnelles de gauche-droite (comme l'État contre le marché) et le clivage plus contemporain entre l'ouverture et la tradition. La ligne de régression que vous avez mentionnée représente la tendance générale dans les positions politiques. Bien que tous les partis ne soient pas alignés parfaitement le long de cette ligne, elle donne un bon aperçu de la manière dont les préférences politiques se répartissent dans le paysage politique suisse. Les partis situés en haut à gauche de cette ligne tendent à combiner des préférences de gauche sur l'économie et un soutien à l'ouverture et à l'intégration. De même, les partis situés en bas à droite de cette ligne tendent à combiner des préférences de droite sur l'économie et un soutien à la tradition et à la démarcation. La répartition des partis le long de cet axe aide également à comprendre comment les électeurs peuvent se déplacer entre les partis. Par exemple, un électeur qui est économiquement à gauche mais qui soutient la tradition et la démarcation pourrait se trouver déchiré entre les partis situés en haut à gauche et ceux situés en bas à gauche de cette ligne.
L'Union Démocratique du Centre (UDC) en Suisse se distingue principalement par ses positions sur des questions comme l'intégration européenne, l'immigration, l'asile et la souveraineté nationale. Ces questions sont généralement associées à la dimension d'ouverture versus tradition, ou d'intégration versus démarcation, de l'axe politique. En termes économiques, l'électorat de l'UDC ne se situe pas nécessairement plus à droite que celui du Parti libéral-radical (PLR). Cependant, la position de l'UDC sur la dimension d'ouverture a clairement contribué à son succès électoral. Les électeurs qui valorisent fortement la souveraineté nationale, qui sont sceptiques à l'égard de l'immigration et qui sont opposés à l'intégration européenne sont susceptibles de se sentir attirés par le programme de l'UDC. Ce phénomène n'est pas unique à la Suisse. Dans de nombreux pays, on observe que les partis qui prennent des positions fortes sur des questions liées à l'immigration et à la souveraineté nationale peuvent attirer un soutien significatif, même si leurs positions économiques ne se distinguent pas nécessairement de celles des autres partis de droite.
La réussite électorale de l'UDC peut être largement attribuée à son positionnement distinctif sur les questions d'ouverture, d'intégration européenne, de politique d'asile et de politique d'immigration. Bien que les enjeux économiques soient généralement un aspect important des plateformes politiques, la position de l'UDC sur ces questions ne semble pas être le facteur principal de son succès électoral. L'UDC a réussi à mobiliser une large base d'électeurs en se concentrant sur ces questions de souveraineté et d'identité nationales. Cela est particulièrement vrai dans le contexte des inquiétudes de certains segments de la population suisse concernant la mondialisation, l'immigration et la perte perçue de contrôle sur les affaires nationales. Ce succès de l'UDC souligne l'importance de ces questions pour de nombreux électeurs et illustre comment le clivage entre ouverture et tradition est devenu un axe politique clé en Suisse.
Le recul des préférences d'ouverture parmi les électeurs de presque tous les partis en Suisse entre 1995 et 2011, comme vous l'avez noté, est un phénomène notable. Cela indique un déplacement progressif des attitudes des électeurs vers des positions plus conservatrices sur les questions d'intégration européenne, d'immigration et de souveraineté nationale. Ce changement peut s'expliquer par plusieurs facteurs. D'une part, il peut être attribué à un climat politique changeant, tant au niveau national qu'international, marqué par des préoccupations croissantes concernant les effets de la mondialisation, l'immigration, et une méfiance accrue envers les institutions supra-nationales comme l'Union européenne. D'autre part, les partis politiques eux-mêmes ont peut-être contribué à ce changement en modifiant leurs discours et leurs plateformes pour refléter ces préoccupations. Par exemple, l'UDC a été particulièrement efficace pour articuler un discours en faveur de la souveraineté nationale et contre l'immigration excessive, ce qui a pu influencer le paysage politique suisse dans son ensemble. Finalement, il est également possible que les attitudes des électeurs aient changé à la suite d'événements spécifiques, comme la crise financière de 2008 et la crise des réfugiés de 2015, qui ont pu renforcer les sentiments d'insécurité et de méfiance envers l'intégration européenne. Tout cela démontre la complexité du paysage politique suisse et comment les attitudes et les préférences des électeurs peuvent évoluer au fil du temps en réponse à un large éventail de facteurs.
Ll'axe ouverture-tradition semble jouer un rôle significatif dans la politique suisse contemporaine. Il s'agit d'un clivage politique majeur qui, comme vous l'avez mentionné, remplit trois conditions clés.
- Composante structurelle empirique : Les positions sur cet axe sont en grande partie influencées par des facteurs structurels tels que le niveau d'éducation, l'âge, la situation socio-économique et l'origine ethnique ou nationale.
- Composante normative culturelle : Les valeurs et les croyances des électeurs sont centrales pour déterminer leur position sur l'axe ouverture-tradition. Cela comprend des questions comme l'identité nationale, les attitudes envers la diversité culturelle, l'immigration et l'intégration européenne.
- Composante politique organisationnelle : Les partis politiques et leurs dirigeants utilisent cet axe pour se positionner sur l'échiquier politique, formuler leurs plateformes politiques et mobiliser leurs partisans. Par exemple, l'UDC a adopté une position claire sur l'extrémité "traditionnelle" de l'axe, tandis que des partis comme le Parti socialiste et les Verts se positionnent plutôt du côté de l'ouverture.
En fin de compte, l'existence de cet axe ouverture-tradition souligne l'importance des valeurs culturelles et des identités dans la politique suisse, en plus des questions économiques traditionnelles.
Le fédéralisme suisse crée un paysage politique très diversifié au niveau local. Les cantons ont une autonomie considérable en Suisse, ce qui leur permet de développer leur propre culture politique et leur propre système de partis. En conséquence, les clivages politiques peuvent varier considérablement d'un canton à l'autre. Dans les cantons catholiques, par exemple, les clivages politiques peuvent être influencés par des questions de religion ou de valeurs culturelles. À Genève, un canton urbain avec un large éventail de groupes ethniques et une économie internationale, les enjeux peuvent tourner autour de questions de diversité, d'inclusion sociale, de logement ou d'économie locale. Dans les cantons plus ruraux, les questions liées à l'agriculture, à la gestion des ressources naturelles ou à l'expansion urbaine peuvent être prédominantes. De plus, dans ces cantons, le poids des traditions et l'attachement à une identité locale forte peuvent être des facteurs importants.
Ces systèmes de parti cantonaux, en se superposant, contribuent à la complexité et à la fragmentation du paysage politique national, car les partis doivent naviguer entre différentes coalitions et diverses préférences électorales à travers le pays. Cela signifie que le pouvoir est souvent partagé entre plusieurs partis au niveau national, chacun ayant une base d'électeurs dans différents cantons. En conséquence, le système politique suisse est souvent caractérisé par le consensus et la coalition plutôt que par la domination d'un seul parti. La diversité des systèmes de partis cantonaux reflète également le caractère unique de chaque région, respectant la diversité culturelle, linguistique et économique de la Suisse.
Le système politique suisse est unique en ce sens qu'il représente une grande variété de perspectives régionales. Chaque canton a ses propres préoccupations et priorités politiques, ce qui se reflète dans le paysage politique national. Les partis politiques de Suisse ne sont donc pas des "répliques miniatures" de partis nationaux. Au lieu de cela, ils reflètent les diverses idéologies, préoccupations et priorités de chaque canton, ce qui conduit à un paysage politique national très fragmenté. Cette diversité se retrouve dans les différentes coalitions et alliances politiques qui se forment au niveau national. Cette fragmentation politique a des avantages et des inconvénients. D'une part, elle assure que chaque canton a une voix et qu'il est représenté au niveau national. Cela respecte la diversité culturelle et économique de la Suisse et garantit que les politiques nationales prennent en compte une grande variété de perspectives. D'autre part, cela peut rendre la prise de décisions plus compliquée au niveau national, car il faut parvenir à un consensus entre un grand nombre de partis avec des agendas différents.
Appendici
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Riferimenti
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